Un percorso immersivo per una nuova ecologia. Un anno di Radici | An immersive journey for a new ecology. A year of Radici
DOI: 10.5281/zenodo.10647039 | PDF
Nella sede della storica cartoleria palermitana Demagistris Bellotti, aperta nel 1906 da Vincenzo Bellotti e chiusa nel 2012, il 14 ottobre del 2022 è nato un museo della natura. Un centro di promozione del pensiero ecologico. Lo abbiamo immaginato e progettato, intrecciando i nostri percorsi e le nostre competenze, come uno spazio polifunzionale, che supera l’idea tradizionale di museo ed è concepito come un luogo aperto alla città per essere attraversato e vissuto.
Il percorso museale è, prima di tutto un punto di osservazione inedito da cui partire alla scoperta delle interconnessioni tra gli elementi della natura e, quindi, della sua poetica intrinseca. È anche una posizione privilegiata per rivolgersi alle scuole e per fare educazione.
Il lavoro di progettazione e di ricerca dei diversi linguaggi per raccontare le relazioni e le alleanze tra gli organismi è stato impegnativo ed illuminante. Avevamo la necessità di sviluppare un nuovo modo di guardare la natura e il nostro rapporto con essa, risvegliare la biofilia attraverso i linguaggi della scienza e dell’arte per una più profonda conoscenza delle complessità ed un maggiore rispetto della biodiversità.
Abbiamo pensato ad una narrazione che si sviluppasse all’interno dei cassetti degli storici banconi Ducrot della cartoleria [1].
Cosa c’era
La prima volta che abbiamo varcato la soglia di queste saracinesche chiuse da tempo, il pensiero di Radici era già un compagno presente delle nostre giornate, era il nostro progetto.
I cassetti degli storici banconi sono diventati l’architrave del nostro immaginario e del percorso espositivo. Il cassetto della scrivania, la scatola dentro il comò, quell’ultimo scaffale in alto della dispensa: ognuno di noi ha provato nella sua vita bambina quel formicolio dei polpastrelli e quella indefinibile attrazione che solo la curiosità vera sa dare. È certamente quando abbiamo sentito questo formicolio, prese dalla curiosità e di aprire quei cassetti pressoché vuoti, che Radici è diventato Radici con l’idea che adulti e bambini potessero provare quel fremito e aprirsi a scoprire contenuti, sì scientifici, ma che si facessero strada attraverso la meraviglia e l’esperienza poetica che ogni bambino sa e che ogni adulto ritrova.
De Magistris-Bellotti nella sua vita da cartoleria è già stato questo. In tanti oggi vengono a trovarci desiderosi di raccontare di quei cassetti che contenevano “prodotti” in un’epoca storica in cui l’esperienza dell’attesa, del desiderio e dell’appagamento erano più rare e preziose. Non c’è adulto palermitano che non abbia da raccontare l’acquisto dei quaderni a chilo, o della speciale matita da disegno, o di quel pennino che gli è servito per i disegni della tesi.
In fondo cosa fa di questo locale commerciale un luogo nella mappa sentimentale di questa città? I racconti della gente, le conversazioni con “le signorine” dietro al banco, i grembiuli blu e quel rapporto umano in cui negozio, prodotto, vendita e persone, da una parte all’altra del bancone condividevano un’esperienza. Non sapevano ancora di condividere un’epoca, ormai da tempo conclusa. Gli ex dipendenti hanno fatto capolino da dietro le saracinesche semi chiuse durante i mesi di progettazione, ci hanno raccontato la loro storia professionale ed umana, ci hanno raccontato di quella che tutti loro hanno definito “famiglia” Bellotti. Li abbiamo invitati, siamo riusciti a raggiungere quasi tutti gli ex dipendenti, li abbiamo intervistati a porte chiuse. Quattro ore di racconti e di ricordi. La formazione di chi iniziava come magazziniere per poi arrivare alla vendita, amori nati dietro il bancone, il racconto dettagliato dello sguardo luminoso di Padre Puglisi che comprava lì quaderni e penne per i “suoi” ragazzi, l’orgoglio della commessa nel raccontare delle penne stilografiche vendute a Giovanni Falcone, per la sua collezione, il negozio chiuso perché potesse scegliere con calma. Oggi dentro al percorso c’è un cassetto dedicato a quella memoria di carta che è stata la loro bellissima esperienza.
L’elemento preponderante di questi 250 mq di vendita, di magazzini e di tutto l’isolato che occupavano le Officine era la carta, regina incontrastata di un tempo in cui tutto era prodotto, scritto, compilato e archiviato su carta. Così infatti finisce la storia di De Magistris-Bellotti, con la fine del regno della carta e l’avvento del computer, con la fine del negozio di fiducia e l’arrivo della globalizzazione. Proprio questo richiamo all’analogico e ad un tempo in cui le giornate erano qui ed ora e non altrove, o sullo smartphone, ci ha portato a pensare che riportare l’esperienza al qui e ora, a gesti semplici, a pensieri non funzionali, a domande non necessarie, potesse essere la chiave e il linguaggio del progetto.
Fare di un negozio storico un centro culturale, uno spazio di incontro transgenerazionale, è stato il presupposto per rialzare queste saracinesche che rischiavano di restare chiuse per sempre in questo angolo buio della mappa della città. Il progetto di recupero dei locali ha tenuto conto della necessità di conservare la storia e accogliere il pubblico in un luogo ancora riconoscibile. Alcuni tavoli del bistrot ricordano banchi di scuola o di lavoro per richiamare la vecchia funzione della cartoleria dove si comprava a metraggio.
Rifunzionalizzando gli spazi, le necessità pratiche e la visione del progetto di fruizione museale hanno dovuto fare i conti con gli sforzi di mantenimento delle vecchie strutture. Abbiamo cercato un’armonia che tenesse conto delle esigenze poetiche ed evocative delle illustrazioni e degli spazi ludici, in un dialogo continuo con il progettista Lorenzo Lo Dato che con la sua formazione specifica in museografia, ha saputo interpretare al meglio e conciliare le diverse anime del progetto. Misurare, catalogare, classificare, archiviare gli oggetti e pensarne di nuovi è il continuum tra passato e presente.
Cosa c’è
Abbiamo immaginato Radici come uno spazio continuo; bistrot e libreria lo rendono un luogo dove potere prendersi il tempo, sostare insieme ad età diverse con stimoli diversi per un tempo individuale e condiviso. La nostra “piazza” con libri e giochi a disposizione è un luogo ibrido che cambia la sua forma: accoglienza alle scuole, presentazioni di libri, formazione con insegnanti ed educatori e laboratori sono centrali nella vita del museo, un vero spazio di comunità per tutti e tutte.
Il lavoro di progettazione e di ricerca per sviluppare ed esporre i contenuti all’interno dei cassetti è stato fondamentale. Due anni di lavoro e di studio, di confronto e di scambio con biologi, botanici, geologi, entomologi, mirmecologi e ornitologi che, con generosità e fiducia, ci hanno sostenuto con la loro preziosa consulenza. Due anni di immaginazione e creatività al fianco di illustratori, artigiani, scenografi, musicisti e videoartisti che hanno lavorato alla realizzazione degli exhibit.
Molti libri sono stati sulle nostre scrivanie e sui nostri comodini, veri compagni di viaggio e fonte di ispirazione. Per una riflessione approfondita sul pensiero ecologico autori come Edward O. Wilson, Timothy Morton, Emanuele Coccia, Laura Conti, Rachel Carson, Pietro Laureano e Gregory Bateson sono stati incontri fondamentali per le nostre riflessioni. Per lo studio delle scienze naturali ancora altri incontri proficui sono stati quelli con autori come Alfredo Cattabiani, Giuseppe Barbera, Bruno Massa, Franco Tassi e Fulco Pratesi ci hanno sostenuto nella osservazione e nella ricerca di uno sguardo ecologico sul territorio siciliano. Per le proposte alle scuole, per i nostri laboratori aperti alla città ma anche per la progettazione del percorso museale un riferimento importante sono stati per noi Franco Lorenzoni, Federica Buglioni, Rosa Tiziana Bruno, Silvia Vecchini, Bruno Munari, Antonia Teatino, Henry David Thoreau.
Chi siamo e cosa eravamo
Un progetto cominciato piccolo come una noce e diventato grande quanto il suo albero aveva certamente bisogno di una molteplicità di sguardi e di pensieri che potessero tessere insieme una visione comune e tanto più difficile perché inedita. Incontrarci è stato frutto di questi incroci, di bagagli di esperienze diverse eppure complementari, di sguardi rigorosi sui temi della divulgazione scientifica e di folgoranti innamoramenti per tutte le strade che i diversi linguaggi dell’arte e della scienza possono aprire.
Ognuna di noi viene da percorsi non lineari, da studi che si incrociano con esperienze, letture e incontri che ci hanno fatto deviare, solo apparentemente cambiare rotta, per tornare esattamente lì dove ognuna di noi voleva arrivare, ma con le tasche piene di pensieri ed esperienze da condividere e progetti da portare avanti. L’organizzazione di mostre ed eventi culturali in ambito museale, la letteratura e l’illustrazione per Raffaella; l’educazione outdoor e la ricerca dei materiali naturali, la poetica degli oggetti e del gesto artigianale per Caterina; la pedagogia e la narrazione, la filosofia, il teatro e il gioco per Chicca; la sperimentazione culinaria e la cura per l’organizzazione gestionale per Irene. Lo sguardo ecologico che ci lega ha poi definito il nostro metodo. Ci siamo incontrate su una visione comune che si ritrova nel percorso espositivo, nei linguaggi, nel progetto culturale di Radici.
Scoperta, curiosità e meraviglia dentro i cassetti
La radice è la parte sotterranea di una pianta che ha la funzione di ancorarla al terreno e di assorbire sali minerali e acqua. Se da una parte, grazie al suo movimento verso il centro della terra, essa vincola la pianta al terreno, dall’altra il suo essere vincolata coincide con la sua possibilità di svilupparsi e di evolvere.
Radici. Piccolo Museo della Natura si propone come luogo di incontro, scambio e conoscenze intorno agli elementi costitutivi del nostro pianeta. Un centro di promozione della cultura ecologica che immagina il vincolo come l’opportunità, la condizione stessa della possibilità, di “abitare” la natura con la consapevolezza di esserne parte integrante.
Diversi percorsi narrativi si cuciono di cassetto in cassetto per raccontare alleanze, connessioni e relazioni; per ristabilire una confidenza intima con la natura attraverso la riflessione, per tornare ad usare le mani e il piacere nel toccare. Un percorso per occhi, mani e orecchie per conoscer, esplorare e scoprire con tutto il corpo. Il microscopio per guardare da vicino alghe, licheni e radici. Il tavolo luce per giocare con le forme, per osservare i semi e scoprire del loro viaggiare. Per fondere immagini precise con significati più remoti, elementi che già conosciamo con elementi che ci appaiono come nuovi, in modo da formare schemi più ampi e allargare il nostro campo visivo. Lo strumento chiave dell’immaginazione creativa è l’analogia. Ogni cassetto come un luogo in cui cercare le domande, perché siamo convinte che la meraviglia si generi da quella conoscenza consapevole che pone ulteriori domande e crea ulteriore mistero. Nessuno cassetto si chiude davvero. Visitatori, adulti e bambini, scoprono e apprendono attraverso il corpo in movimento: mani che aprono e toccano, sfiorano e prendono; giochi che iniziano dentro il cassetto e continuano fuori dal cassetto e sulla parete. Ogni contenuto si sviluppa con un linguaggio proprio che si apre al dialogo ed è un invito a continuare fuori la propria osservazione e la propria ricerca.
Il cassetto delle parole levigate dal mare, delle parole della terra, del sogno, la raccolta poesie sui fiori e il canto delle balene per ritrovare quella connessione profonda tra natura e poesia. La biografia di tre scienziate per scoprire anche con la storia e le biografie. Dall’origine della vita agli ecosistemi acquatici. Mito, scienza e storia raccontati dai minerali e dai fiumi, per passare dagli ecosistemi acquatici al mondo sotterraneo. Sono le radici che ci conducono al mondo di sopra: un piccolo bosco, il cielo e i suoi abitanti, un vulcano e tutti i cassetti dedicati alla botanica. Il percorso si chiude con la notte e le sue lucciole, per sognare il loro ritorno ascoltando le poesie della notte di Bruno Tognolini e Alessandra Berardi Arrigoni. Un gioco continuo di rimandi tra le illustrazioni a parete intera di Valentina Gottardi Cocai Design e i cassetti con le illustrazioni di Gaia Cairo.
“Le radici devono avere fiducia nei fiori” (Maria Zambrano)
Abbiamo aperto Radici al pubblico a metà ottobre dello scorso anno e la risposta della città è stata immediata: adulti interessati al pensiero ecologico o semplicemente curiosi di ritornare in luogo della memoria, ragazzi sensibili al tema della sostenibilità, famiglie in cerca di una proposta culturale stimolante, turisti e avventori occasionali. Già prima dell’estate, 3000 visitatori tra visite guidate e laboratori.
Le classi di Palermo sono arrivate poco dopo. Ci siamo accorte, solo nel fare, di avere un guadagnato un punto di osservazione privilegiato sulla scuola. Nei diversi quartieri di riferimento si giocano diverse opportunità per i ragazzi e per i docenti. Tutti i bambini e i ragazzi che abbiamo incontrato si sono mostrati aperti al ragionamento, quasi tutti disponibili a mettere in discussione i propri comportamenti e le loro abitudini. Siamo entrate nelle classi e abbiamo lavorato accanto a maestre e maestri, professoresse e professori con i quali abbiamo concordato percorsi ad hoc, approfondimenti e laboratori specifici. Quando la classe arriva al museo li accogliamo nella nostra piazza, giochiamo a presentarci partendo da una domanda attivatrice, una volta entrati all’interno del tunnel molti insegnanti esordiscono con un imperativo: “non toccate niente”, poco dopo diventa chiaro che l’invito è proprio a toccare, e piano piano anche i docenti si lasciano andare e si immergono insieme ai ragazzi in un’esperienza che diventa collettiva.
Bambine e bambine, ragazzi e ragazze delle scuole di ogni ordine e grado sono entrati nel percorso e sono usciti con le mani sporche di carbone e di inchiostro naturale prodotto durante i nostri laboratori. Il percorso così com’è strutturato è fortemente connotato in una forma laboratoriale e ci consente di sviluppare percorsi diversi a seconda che si tratti di un nido, di un istituto tecnico o di un liceo classico.
Per dare una dimensione del futuro, per coltivare l’identificazione con il futuro abbiamo scelto di non snocciolare numeri e dati catastrofici sul riscaldamento climatico o l’innalzamento delle acque. Vogliamo percorrere la strada più lunga, quella della consapevolezza data dalla conoscenza. Parlare di alleanze e connessioni, sperimentarle e osservarle è fondamentale per sentire quel vincolo che ci lega al più piccolo organismo, per ragionare sul fatto che siamo fatti della stessa materia e che occorre tornare a guardare. Rivolgere il nostro sguardo alla bellezza, cercare bellezza, ricordarci che la bellezza è attraversamento e immersione. Scrive Dewey in Esperienza e natura (1925):
La prima considerazione importante è che la vita si sviluppa in un ambiente; non solo in esso, ma a causa sua, interagendo con esso. Nessuna creatura vive solo sotto la propria pelle; i suoi organi sottocutanei sono mezzi per connettersi con ciò che si trova al di là della sua cornice corporea […]. L’esperienza, nella misura in cui è esperienza, è vitalità intensificata. Anziché riferirsi a un essere chiuso entro i propri privati sentimenti e sensazioni, comporta un commercio attivo e vigile con il mondo.
All’interno dell’atelier raccontiamo anche attraverso i materiali, attraverso il gesto: l’esperienza diretta dei materiali raccolti in natura e la loro trasformazione in strumenti utili alla sperimentazione e al gioco è parte fondamentale delle nostre attività. Forme e consistenze diverse si incontrano originando ibridi e funzioni divergenti.
Costruire strumenti, cucinare colori, entrare nel cuore della materia per scoprire come sono fatte le cose che ci circondano, per ripensare e riprogettare insieme. Dalla terra alla terra, attingiamo dalla natura per restituirle la materia, in un ciclo continuo in cui lo scarto non è rifiuto, bensì risorsa. I processi di autoproduzione di strumenti e materiali impiegati nei laboratori diventano una buona pratica per ragionare sul consumo critico e consapevole delle risorse.
Molti dei nostri laboratori e delle nostre proposte prendono le mosse, o hanno come punto di arrivo, albi illustrati fiction e non fiction per arricchire lo sguardo con un ulteriore esperienza estetica ed immersiva. Un lavoro di ricerca sugli albi illustrati italiani o stranieri per veicolare con immagini e parole contenuti coerenti con il nostro progetto. Ci siamo rivolte a quelle case editrici indipendenti che negli ultimi anni hanno incrementato il loro catalogo e inaugurato collane dedicate alla divulgazione che restituiscono una narrazione poetica ed ecologica con una particolare cura delle immagini e con contenuti scientifici appropriati.
Lavoriamo e ragioniamo con bambini e bambine, ragazzi e ragazze di tutte le età e riscontriamo nelle nuove generazioni il desiderio di costruire il proprio futuro con una consapevolezza nuova perché, come dice Emily Dickinson nella sua poesia 1058, “essere fiori è una responsabilità abissale”. Cerchiamo insieme ai ragazzi e le ragazze le parole adatte a raccontare la possibilità di un equilibrio tra uomo e natura; per costruire, insieme a loro, un pensiero che sia davvero ecologico e che sia davvero di tutti e di tutte.
Note
[1] Nel 1902 Vittorio Ducrot rileva un piccolo mobilificio che diventerà presto una società di produzione industriale, tra le prime in Europa per la progettazione di arredi in stile modernista e liberty. I mobili verranno esportati grazie alla compagnia di navigazione dei Florio che diventa anche uno dei primi committenti. L’architetto Ernesto Basile inizia a collaborare quasi da subito svolgendo un ruolo importante all’interno dell’ufficio tecnico e coinvolgendo la sua cerchia di artisti, pittori e scultori. L’apice dell’azienda è intorno al 1925 quando le Officine alla Zisa vantano 2500 operai.
Riferimenti bibliografici
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