Sul crinale, ovvero il difficile equilibrio tra letteratura e educazione | On the ridge, the difficult balance between literature and education
DOI: 10.5281/zenodo.8225638 | PDF | Educazione Aperta 14/2023
Letteratura per l’infanzia è letteratura/5. A cura di Cristina Bellemo
Provo a entrare - oggi, in questo confronto a cui Cristina Bellemo mi ha invitata; da alcuni anni, nel mondo della letteratura per l’infanzia e per ragazzi e ragazze - con passo lieve: il passo di chi ha la consapevolezza di non avere, a questo proposito, le basi solide necessarie per conoscerne e comprenderne in profondità la storia, i meccanismi, le regole.
Non sono un’esperta, quindi, né una scrittrice, anche se negli ultimi anni la scrittura è stata ed è parte importante della mia vita. Sono una maestra con una grande passione per la lettura, i libri e gli albi. Insegno da più di trent’anni e, da più di trent’anni, porto i libri a scuola. Ed è proprio in questa dimensione che in questi ultimi tempi sto trovando una consapevolezza che, in un certo senso, mi rassicura: rispetto a chi scrive, pubblica o studia i libri per l’infanzia, per ragazze e ragazzi, ho l’indubbia fortuna di frequentare quotidianamente le bambine e i bambini, di leggere per loro ogni giorno e ogni giorno portare in classe, e in classe spesso lasciare, libri di ogni tipo.
Da più di trent’anni questa è la mia quotidianità. Una quotidianità che solo negli ultimi mesi ho però trovato descritta da Giorgia Grilli ( 2021, pp. 117-118) con la massima precisione:
La letteratura è un dono, da elargire senza pretese. Ecco un altro elemento di frizione, di apparentemente impossibile conciliazione, tra letteratura e educazione, e di impasse, per chi di entrambe si dovrebbe occupare.
Per esplicitare meglio questo stallo, in cui ogni adulto che abbia a che fare con i bambini si può trovare, si potrebbe quasi realizzare una tabella con due colonne contenenti, da un lato, le parole chiave della letteratura e dall’altro quelle dell’educazione. Perché è indubbio che si tratti di due dimensioni che si fondano su principi differenti, i quali, messi gli uni accanto agli altri, possono risultare reciprocamente illuminanti. Proviamoci, con quello che è un ovvio esercizio di semplificazione, da prendere come tale.
L’educazione privilegia il Noto (ciò che si può conoscere, il sapere codificato), la letteratura anela all’Ignoto (ciò di cui non si può sapere, quel che è sconosciuto o misterioso, e che, come tale, attrae). L’educazione si fonda sul Controllo (degli allievi come dei risultati), la letteratura ha bisogno di Imprevisto (di qualcosa che non si domina e che perciò sorprende, tanto i personaggi quanto i lettori). L’educazione tende a creare Ordine (mentale, strutturale), la letteratura si accende con il Disordine (è quando la routine esplode che le storie possono partire). L’educazione si concentra sul Dentro (ai bambini chiediamo che imparino a stare, letteralmente, dentro le righe, dentro i bordi, e più in generale dentro gli schemi, dentro le definizioni date, dentro le logiche del sapere razionale, oltre che, innaturalmente, il più possibile dentro le pareti), la letteratura spinge verso il Fuori (i racconti si attivano, tipicamente, quando si esce di casa, quando ci si ritrova per strada, all’addiaccio, nel bosco, per mare, oltre che, come dicevamo, quando si deborda rispetto ai limiti e alle regole comportamentali).
Ogni giorno, cammino sul crinale che separa letteratura e educazione, sperimentando l’apparentemente impossibile conciliazione tra l’una e l’altra .
Ogni giorno porto i libri a scuola; li leggo ad alta voce, ne mostro le immagini, li metto in prestito tra bambini e bambine, tra ragazzi e ragazze. Soprattutto, faccio in modo che dalla lettura delle parole e delle immagini di ciascun libro nascano domande. Delle risposte, in verità, mi importa meno; o meglio, mi importa nella misura in cui le risposte possono essere le più varie e molteplici, soprattutto perché amo le domande che non prevedono risposte giuste o sbagliate. Le grandi domande, insomma, che, come l’infanzia, gli artisti si pongono. Così scrive Giordana Piccinini ( 2012, pp. 180-182) :
I libri di grande spessore, invece, sono l'opera di artisti che non conoscono o comunque non sono interessati ai bisogni immediati dei bambini, ma conservano una modalità di sguardo e di interrogazione della realtà che in qualche modo li «costringe» a porsi grandi domande, le stesse dell'infanzia. [...] Il fatto di porre grandi domande attraverso un libro apre di per sé uno spazio di esplorazione, in cui il lettore, anche piccolissimo, può muoversi con estrema libertà, cogliendo di volta in volta ciò di cui ha bisogno nella stratificazione dei significati e dei simboli. Questo rende l'atto del leggere estremamente prezioso e, per fortuna, assolutamente imprevedibile nell’individualità e personalizzazione di ogni lettura. […] simili libri pongono una visione della realtà necessariamente complessa, non riducibile a facili ricette comportamentali o a una geografia riconoscibile e semplificata (naturale ricettacolo per gli stereotipi), ma procedono per una continua complicazione, per ribaltamenti, per la delusione costante delle aspettative più immediate, con un’apertura che evita di dare risposte preconfezionate.
Quando porto i libri in classe, quando li leggo ad alta voce, quando li metto a disposizione di bambine e bambini, di ragazze e ragazzi, per la lettura autonoma o per il prestito bibliotecario, sto svolgendo in pieno la mia professione, che mai prescinde da motivazioni educative e didattiche: sono un'insegnante, questo è il mio mestiere. Non sono un autore, un bibliotecario, un promotore, un formatore. Sono, sempre, un'insegnante, e proprio in quanto tale, libera di / autorizzata a considerare il libro anche come strumento pedagogico e didattico - ovvero che concerne la teoria e la pratica educativa dei metodi d'insegnamento - necessario al proprio mestiere, senza per questo sentire la necessità, o il dovere, di giustificare le proprie scelte in nome di una presunta sacralità del libro e della lettura. Il libro rimane un oggetto, tanto più prezioso, e amato, quanto più sfogliato dalle mani di bambine e bambini. Il libro rimane un oggetto da sperimentare e interpretare in tanti modi diversi quante sono le persone che gli si avvicinano.
Esistono tante chiavi d'accesso, tante quante sono i lettori, tante quanti sono gli albi. L'educazione alla varietà e alla moltitudine di punti di vista possibili è una delle più importanti conseguenze della lettura dell'albo illustrato. Abbiamo già parlato dell'albo come contenitore di domande, ma è interessante pensarlo in termini di strumento di ricerca e non di esito finale (Tontardini, 2012, p. 48).
Di recente, nel corso di un seminario per la formazione regionale dei referenti della biblioteca scolastica, ho ascoltato un intervento di Diletta Colombo, libraia di Spazio Bk a Milano, che affermava quanto il suo interesse riguardo la letteratura per l’infanzia sia concentrato sul portare i libri, in particolare gli albi illustrati, nei diversi contesti e creare esperienze in cui le persone leggano. Recentemente Spazio Bk ha proposto il percorso di formazione Il libro nella giungla: incontri esperienziali per esplorare una giungla di libri, orientarsi e coltivare la propria biblioteca di testi illustrati per l’infanzia , che pone al centro la relazione tra le persone e i libri con le figure scelti come compagni di vita e di crescita. Quel che succede è che i protagonisti si innamorano non tanto di un libro, quanto di un’esperienza. Al centro della sua riflessione non c’è quindi una critica letteraria sui libri, ma la relazione tra libri e lettori: come le persone percepiscono e si relazionano con i libri all'interno delle correnti di spazio, tempo (insieme e di vita) e movimento. Un’esperienza dove si toglie dal centro il mediatore, che si pone fuori, allo stesso livello del lettore. In questo modo cambia il punto di vista, facendo parlare il materiale e le persone, uscendo da una dimensione intellettuale della lettura. Imparare da e con le persone (o le cose): è guardando, ascoltando, sentendo che impariamo.
Naturalmente, è difficile fare giungla in classe: ma anche noi sfogliamo i libri, li leggiamo ad alta voce o ciascuno per conto proprio, li ascoltiamo, ne discutiamo, ci facciamo domande sulla grafica, sul testo, sulle immagini, colleghiamo letture e avvenimenti, li confrontiamo con i vissuti nostri e altrui. Li usiamo (sì, "usiamo", senza timore di utilizzare questo termine), per scrivere, per comprendere, per approfondire, per imparare a pensare e a parlare meglio, in modo più chiaro, comprensibile, ricco, per sviluppare il pensiero critico, per aprirci al mondo. Anche questa è didattica, credo in una sua forma tra le più alte.
E poi, certo, leggiamo perché ci piace, per divertirci, per passare il tempo, per vivere altre vite e viaggiare in altri mondi senza muoverci di un solo passo.
Anche per questo, da qualche anno leggo i migliori albi e libri della letteratura per l’infanzia, per ragazze e ragazzi, per selezionarne i brani che serviranno per realizzare libri di testo per la scuola primaria. Sono convinta che un buon libro di testo sia un grande strumento nelle mani di un insegnante e delle sue classi.
Vado oltre: un libro di testo, un buon libro di testo, è uno strumento democratico, che permette a ciascun bambino, bambina, ragazzo, ragazza, di entrare in contatto con molteplici libri, e di trovare - è il nostro augurio - quello che lo catturerà e lo affascinerà (Ce l'hai? Ce lo porti? è una tra le richieste più belle che mi vengono fatte in classe).
Un libro di testo, anche il miglior libro di testo, è però insufficiente se lo portiamo a scuola senza i libri che gli hanno permesso di nascere. Libri di testo e letteratura: un binomio irrinunciabile.
Riferimenti bibliografici
Grilli G., Di cosa parlano i libri per bambini. La letteratura per l’infanzia come critica radicale, Donzelli, Roma 2021.
Piccinini G., in Le storie della notte: per una pedagogia dell’albo illustrato, in Hamelin (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato , Donzelli, Roma 2012, pp. 179-202.
Tontardini I., in Meccaniche celesti: come funziona un albo illustrato , in Hamelin, (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato , Donzelli, Roma 2012, pp. 21-48.
Antonella Capetti insegna da più di trent’anni, tra scuola dell’infanzia e primaria. Dal 2013 le attività in classe sono state per alcuni anni documentate quotidianamente sul blog Apedario , in cui ha raccontato la scelta di insegnare a leggere e scrivere con gli albi illustrati. Ha pubblicato Il salone di bellezza (La Margherita, 2016), Che bello! e Un silenzio perfetto (Topipittori, 2017 e 2018), La cura del ghiro (Edizioni Corsare, 2019) e il saggio A scuola con gli albi . Insegnare con la bellezza delle parole e delle immagini (Topipittori, 2018). Nel 2020 è uscito A più voci , il sussidiario dei linguaggi per 4^/5^ primaria scritto con Marta Vitali per Pearson; per questo progetto, Silvia Vecchini ha curato Queste mie parole , il quaderno di poesia, illustrato da Sualzo.