La silvestre libertà del margine | The sylvan freedom of the margin
DOI: 10.5281/zenodo.8225597 | PDF | Educazione Aperta 14/2023
Letteratura per l’infanzia è letteratura/3. A cura di Cristina Bellemo
“Io credo che l’ultima persona a cui si dovrebbe chiedere di parlare della scrittura sia probabilmente lo scrittore”, scrive Ursula K. Le Guin nel suo saggio Il linguaggio della notte, pubblicato in Italia dagli Editori Riuniti nel 1986.
Se volete sapere tutto del mare, andate a chiederlo a un marinaio, a un oceanografo, o a un biologo specializzato nella vita sottomarina, e loro possono dirvi molte cose sul mare. Ma se andate a chiederlo al mare stesso, che cosa vi risponde? Con mareggi e sciabordii. È troppo indaffarato a essere sé stesso per sapere qualcosa di sé.
Bianca Pitzorno riporta queste righe in apertura del saggio Storia delle mie storie. Miti, forme, idee della letteratura per ragazzi (Il Saggiatore, 2006), aggiungendo che la domanda si complica quando a dover intervenire è lo scrittore di letteratura per ragazzi, considerata la difficoltà di circoscrivere la materia. Come si definisce un libro per ragazzi, quali sono i suoi limiti e le sue possibilità? In cosa si differenzia e dove si sovrappone, o si interpone, alla letteratura tout court? La domanda non è oziosa – se lo fosse, non ci ritroveremmo qui, chiamati a intervenire su quella che al momento è la peggiore conseguenza di quella che invece dovrebbe e potrebbe essere una questione fertile e aperta. Cosa serve alla letteratura per ragazzi per essere definita tale? È sufficiente mettere un bambino dentro un libro? In che modo la storia di questa letteratura si incrocia con quella delle illustrazioni? Sono le prime domande che chiunque se ne occupi o ne scriva dovrebbe farsi, e sono questioni aperte che hanno diverse risposte e prospettive, ma la scuola e l’accademia, almeno in Italia, hanno risolto sbrigativamente e superficialmente la questione escludendo la letteratura per ragazzi dallo studio della letteratura, lasciandola confinata ad altre competenze, con cui pure essa è in dialogo, come la pedagogia, l’illustrazione e l’interculturalità.
Ne risulta che gli stessi scrittori sono spesso chiamati a intervenire sul proprio mestiere, con una frequenza anche maggiore dei colleghi che pubblicano narrativa non destinata all’infanzia, con buona pace di Ursula K. Le Guin, di Bianca Pitzorno e anche di Elsa Morante, che definiva gli scrittori persone cui sta a cuore tutto, fuorché la letteratura. Eccoci quindi a varcare i nostri limiti, che si fanno evidenti e macroscopici in particolare fra chi come me scrive libri che finiscono in collane e scaffali diversi anche per destinatario anagrafico, e si trovano a dover rispondere all’eterna domanda: “che differenza c’è tra scrivere per adulti e per ragazzi?”. Così si ripropone una dicotomia sclerotizzata, cui è davvero impossibile rispondere nei pochi minuti di conclusione di un’intervista o, peggio ancora, di un incontro in una scuola, dove l’attenzione è già ai minimi termini. Ci può essere margine di confronto e di crescita proprio in luoghi disposti al dibattito come questo che mi ospita. “Scrivere per ragazzi è come scrivere per tutti, solo più difficile”, rispondeva Dino Buzzati, in nome di sé stesso e, pur se involontariamente, di un cospicuo numero di scrittori italiani del Novecento che possiamo definire anfibi, che si sono mossi cioè fra le due sponde letterarie con maggiore o minore naturalezza, ciascuno con il proprio timbro e con esiti molto diversi: Italo Calvino, Elsa Morante, Luigi Malerba, perfino Alberto Moravia. A fronte di questa acclarata complessità della letteratura giovanile, allora, come mai la si trova così di frequente minimizzata in senso opposto?
Nonostante l’avversione di una certa accademia, la riflessione poetica e letteraria sulla produzione editoriale per l’infanzia può annoverare una saggistica di robusta e nobile qualità, per citare solo alcune fra le uscite più recenti: Una frescura al centro del petto di Silvia Vecchini (Topipittori, 2019) e Meraviglie mute di Marcella Terrusi (Carocci, 2017) sulla storia e le finalità degli albi illustrati, Di cosa parlano i libri per bambini di Giorgia Grilli (Donzelli, 2021) che incarna quella liberazione dai doveri del messaggio e dell’etica da cui la letteratura per ragazzi viene costantemente minacciata (ne parlava già Natalia Ginzburg nel 1972 nel proverbiale articolo Senza fate e senza maghi, in cui lamentava l’addomesticamento dei lupi in lupi vegetariani e la sparizione del regno della fantasia dagli intenti editoriali della casa editrice per cui lavorava, l’Einaudi). Caposaldo di quegli intenti che nella scrittura cerco di non tradire resta per me Gli imperdonabili di Cristina Campo (Adelphi, 1987), in particolare il capitolo “Della fiaba”.
È da notare come toccando la fiaba uno scrittore dia infallibilmente il meglio della sua lingua, divenga scrittore se anche non lo è mai stato: quasi che al contatto con simboli insieme così totali e particolari, così eccelsi e toccabili, la parola non possa distillare che il suo sapere più puro. Sicché basterebbe un fabulario classico perché a un bambino fosse aperto insieme l’atlante della vita e quello della parola.
Con le parole di Cristina Campo rispondo alla domanda che mi viene posta, di solito con malcelata superiorità e sufficienza, a proposito del perché scrivo anche per ragazzi, come se si trattasse di un vezzo, di una debolezza, addirittura di un segnale del mio non essere davvero una scrittrice. La letteratura per l’infanzia viene considerata talmente male che ogni volta che uno scrittore per adulti, per qualche ragione, ne preleva dallo scaffale quello che poi ritiene essere un bel libro, per fargli un complimento dice: “ma non è solo per ragazzi!” Inutile, o forse no, sottolineare quanta ignoranza, quanto paternalismo e quale pessima idea di infanzia sottintenda la considerazione secondo la quale l’editoria per ragazzi produce libri brutti tranne quelli che possono piacere a un adulto.
Sì, per fortuna c’è Cristina Campo:
È possibile che chi fa fiabe sia simile a chi trova quadrifogli che, secondo dice Ernst Jünger, acquista veggenza e poteri augurali. Comincia a raccontare per dar piacere ai bambini e d’improvviso la fiaba è un campo magnetico dove convengono da ogni lato, a comporsi in figure, segreti inesprimibili della sua vita e dell’altrui.
Segreti che resteranno per sempre inaccessibili a chi, per ottusità, non vorrà varcare quella soglia.
Forse, però, è giusto così. Forse, accanto alle battaglie per un giusto riconoscimento, possiamo anche tenere da conto la libertà assoluta che dà, a noi che scriviamo, illustriamo, pubblichiamo libri per l’infanzia, lavorare nel margine – mutuando così quello che la scrittrice e attivista bell hooks già postulava nel suo fondamentale Elogio del margine (tamu, 2020).
In un saggio di qualche anno fa che riuniva alcune mie riflessioni e letture, Un’idea di infanzia: libri, bambini e altra letteratura (ItaloSvevo, 2019), pagine in cui, come in questo caso, provavo a uscire dal mio sciabordio marino per intervenire in una questione che mi sta a cuore, scrivevo che portare un bambino sulla pagina ha sempre qualcosa di selvatico e non addomesticabile. Quel qualcosa prolifera anche grazie al bordo, al confine, alla zona invisibile in cui tutto è lecito, almeno finché uno sguardo serioso e moralista non vi si abbatte.
Le storie di censura e di limitazione dei libri per ragazzi nascono quando un adulto fino a un momento prima distratto si accorge che in un libro che credeva innocuo si annida il rischio di una sovversione o di una scorrettezza. Nel suo Lettori si cresce (Einaudi, 2015), Giusi Marchetta racconta di quando, bambina, lesse una raccolta di fiabe; erano un libro a lei concesso, anzi considerato adatto alla sua età, quindi grande fu lo stupore nel trovarvi parole “sporche”, di chiara allusione sessuale: “La moglie vostra a domandarne venne; / M’offrì quel ch’io chiedessi e tre ne ottenne. / In prezzo della prima la baciai; / In prezzo di quell’altra la chiavai. / In prezzo della terza l’inculai.” Scrive Giusi Marchetta che, nel segreto e nel silenzio della sua lettura, si fermò paralizzata, aspettando che la madre corresse a toglierle il libro dalle mani, cosa che non avvenne. La risposta era semplice: la mamma non si arrabbiava perché quel libro, lei, non l’aveva letto.
Forse da questa storia possiamo mutuare una libertà che ci appartiene e che rivendichiamo. Forse, mentre adulti seriosi e senza competenze si distraggono con quella che secondo loro è vera letteratura trascurando quest’altra, possiamo quantomeno esser certi che potremo continuare a irrigare il nostro margine con silvestre e irriducibile libertà.
Riferimenti bibliografici
bell hooks, Elogio del margine, Tamu, Napoli 2020.
Campo C., Gli imperdonabili, Adelphi, Milano 1987.
Ginzburg N., Senza fate e senza maghi, in “La Stampa”, 16 aprile 1972, ora in Vita immaginaria, Einaudi, Torino 2021.
Grilli G., Di cosa parlano i libri per bambini. La letteratura per l’infanzia come critica radicale, Donzelli, Roma 2021.
Le Guin U.K., Il linguaggio della notte. Saggi di fantasy e fantascienza, Editori riuniti, Roma 1986.
Marchetta G., Lettori si cresce, Einaudi, Torino 2015.
Pitzorno B., Storia delle mie storie. Miti, forme, idee della letteratura per ragazzi, Il Saggiatore, Milano 2006.
Terranova N., Un’idea di infanzia: libri, bambini e altra letteratura, Italosvevo, Trieste-Roma 2019.
Terrusi M., Meraviglie mute. Silent book e letteratura per l’infanzia, Carocci, Roma 2017.
Vecchini S., “Una frescura al centro del petto”. L’albo illustrato nella crescita e nella vita interiore dei bambini, Topipittori, Milano 2019.
Nadia Terranova è nata a Messina nel 1978 e vive a Roma. Ha pubblicato i romanzi Gli anni al contrario (Einaudi 2015, vincitore del premio Bagutta Opera Prima e del The Bridge Book Award), Addio fantasmi (Einaudi 2018, finalista al Premio Strega 2019), Trema la notte (Einaudi 2022, Premio Vittorini 2022), la raccolta di racconti Come una storia d'amore (Giulio Perrone Editore, 2020) e diversi libri per ragazzi tra cui Aladino (Orecchio Acerbo 2020, illustrazioni di Lorenzo Mattotti), Il segreto (Mondadori 2021, illustrazioni di Mara Cerri, Premio Andersen 2022; Premio Strega ragazze e ragazzi 2022), Il cortile delle sette fate (Guanda 2022, illustrazioni di Simona Mulazzani; finalista al Premio Campiello Junior). È tradotta in tutto il mondo.