Ecomusei come proposta educativa per i più piccoli tra potenziale e strumenti di comunicazione | Ecomuseums as an educational proposal for children through potential and communication tools

DOI: 10.5281/zenodo.10646044 | PDF

Educazione Aperta 15/2024

The article[1] analyzes the educational and didactic features of the ecomuseums, highlighting how these institutions can be central “active educational mediators” for preschool children. The ecomuseums allow children from an early age to enjoy and learn through immersive experiences in the local cultural heritage, enabling their upcoming commitment to protect and enhance it.  Based on the national and international literature concerning the development and learning processes of children between 3 and 6 years old, the authors have identified the constituent elements of ecomuseums that best respond to those children.  The valuable ecomuseums heritage can be expressed only by spreading their value to their main users, namely teachers and families. The institutional websites of ecomuseums can accomplish this aim properly. The second part of the article investigates how the Piedmont ecomuseums websites represent their educational value to produce a functional mapping to understand the evolution of the ecomuseums educational services aimed at children and the ecomuseums role within educational communities. 

Keywords:  Ecomuseums, childhood, official websites, active educational mediators, intangible heritage.

Il museo esploso: una nuova visione su rappresentazione e partecipazione

Il termine ecomuseo è oggi ampiamente diffuso anche se piuttosto recente. Sebbene gli ambiti di interesse degli ecomusei siano facilmente intuibili, i confini della definizione rimandano a molteplici sfumature di senso ed aspetti diversificati su cui non vi è totale accordo tra gli autori (Vaillat, 1996; Jalla, 2010; Maggi, Avogadro, Faletti e Zatti, 2000). Inizialmente Georges-Henri Rivière e Hugues de Varine utilizzarono il termine musée éclaté, ossia “museo esploso”. Tale espressione è stata ripresa durante la nona conferenza del Consiglio internazionale dei musei del 1971 in cui il museo esploso è stato descritto come

senza muri, interdisciplinare, che mostra l'uomo nel tempo e nello spazio, nel suo ambiente naturale e culturale, invitando l'intera popolazione a partecipare al proprio sviluppo con vari mezzi di espressione, basati essenzialmente sulla realtà dei luoghi, degli edifici, degli oggetti, delle cose reali che esprimono più delle parole o delle immagini che invadono la nostra vita.

Tale espressione evidenzia l’assenza dei limiti strutturali dati da un edificio, richiamando l’impossibilità di chiudere l’intero patrimonio culturale materiale e immateriale di una specifica realtà all’interno di uno spazio fisicamente definito. In parte questa presa di posizione è potenzialmente rivoluzionaria perché chiama gli abitanti di uno specifico luogo alla presa in carico di una nuova consapevolezza e responsabilità nell’esprimere la loro identità, nel raccontarsi attraverso gli spazi aperti del vivere. In un’intervista di ormai vent’anni fa (Caresio, 2004) Hugues de Varine ha dichiarato:

Un Ecomuseo è qualcosa che rappresenta ciò che un territorio è, ciò che sono i suoi abitanti, a partire dalla cultura viva delle persone, dal loro ambiente, da ciò che hanno ereditato dal passato, da quello che amano e che desiderano mostrare ai loro ospiti e trasmettere ai loro figli.

Gli obiettivi culturali che gli ecomusei si pongono risiedono dunque nell’individuazione, nell'analisi e nella condivisione di tutti gli elementi, molteplici e multi-prospettici, che hanno condotto e condizionato lo sviluppo di una specifica comunità, consentendo al visitatore di coglierne le molteplici sfaccettature attraverso percorsi immersivi. Come scrive Riva (2009, p. 97),

Il nuovo interesse nei confronti della fruizione museale, progressivamente sposta l’attenzione dall’oggetto in sé e dall’espressione culturale, al processo che lo ha generato e alle trasformazioni che tale processo ha nel tempo, direttamente o indirettamente, prodotto sul contesto. È la stretta relazione che lega l’uomo e il luogo.

Nel tentativo di dare una definizione la più completa possibile alcuni autori hanno individuato gli elementi che differenziano i musei dagli ecomusei, attraverso delle vere e proprie griglie d’analisi (su cui non ci soffermiamo per ragioni di sintesi); tra questi Patrick Boylan (1992), Peter Davis (2009 e 2011) e l’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali (Ires) Piemonte (2000). Per non cadere in equivoci, crediamo opportuno evidenziare come la nascita e lo sviluppo della ricerca in relazione agli ecomusei non sia da collocarsi nell’intento di una “valorizzazione provincialistica” ma, al contrario, in una più ampia interconnessione globale. Lo stesso de Varine ha individuato gli eventi di portata internazionale che nel corso degli anni Sessanta e Settanta hanno sollecitato il dibattito in materia museale, conducendo alla nascita degli ecomusei e alla Nuova Museologia. In primo luogo, cita i processi di affrancamento coloniale e la progressiva indipendenza, soprattutto in Africa, che hanno condotto alla necessità di riscoprire le identità locali quali elementi distintivi e di emancipazione dalle potenze straniere. Non meno importanti sono stati il movimento americano per l’uguaglianza dei diritti delle minoranze etniche e la loro eredità culturale e i movimenti rivoluzionari delle culture native dell’America Latina per la conquista della libertà e della democrazia, basate sulla rievocazione del passato precoloniale ricco di storia e cultura.

Questi eventi importanti hanno condotto a un ripensamento creativo e innovativo funzionale anche per richiamare l’attenzione sui valori sociali e culturali delle piccole comunità e sulle tradizioni popolari (Riva, 2012). Sulla base degli assi portanti qui illustrati, i primi anni di sviluppo degli ecomusei, soprattutto in Francia, delineano due modelli di ecomuseo ambientale e di rappresentazione dello sviluppo comunitario. “Le due vie non sono contraddittorie. La seconda coglie naturalmente l’obiettivo della prima, che a sua volta trarrebbe vantaggio dal prendere in maggiore considerazione la realtà comunitaria” (de Varine, 2005). Lo sviluppo degli ecomusei è stato successivamente accompagnato da intensi dibattiti e discussioni che hanno posizionato il patrimonio culturale in un’accezione sempre più ampia tanto da dare origine, anche e soprattutto in campo normativo, a una vera e propria trasformazione della nozione di patrimonio.

I documenti ufficiali sugli ecomusei: tra intenti e linee d’intervento

Oggi gli ecomusei, in Europa, si possono raggruppare in undici principali categorie tematiche: paesaggio, mondo rurale e agricoltura, fauna, storia etnografica, folklore, industrie dismesse, miniere abbandonate, mulini, acqua (risorse idriche, fiumi e mare). Tali ambiti si configurano come macroaree che possono, in contesti geografici differenti, declinarsi nella valorizzazione di attività specifiche, per esempio, quelle legate all’industria casearia, alle saline, alla pietra e alla pastorizia, alle viti, alle limonaie e così via. 

In Italia esistono poi differenti tipologie di ecomusei e altrettante entità museali i cui confini sono spesso labili, per esempio i musei diffusi, i musei etnografici e i musei comunitari.  

Tali realtà sono accomunate da alcuni strumenti specifici quali, a titolo esemplificativo, le mappe di comunità, le mappe di paesaggio, il contratto di fiume e la sentieristica partecipata. Questi strumenti, attraverso la popolazione e gli enti che attivamente partecipano allo sviluppo dell’ecomuseo, contribuiscono a definirne una lettura analitica, a rappresentarne il patrimonio e il paesaggio e infine delineano un insieme di regole per la valorizzazione.  Come vedremo meglio successivamente, ulteriori dimensioni funzionali a individuare un ecomuseo sono quelle territoriali, patrimoniali, comunitarie: il riconoscimento da parte dei cittadini, la cooperazione e la logica di rete (Aa.Vv., 2015). 

In Italia il documento più recente e condiviso dalla Rete degli ecomusei italiani risale al 2015 ed è il Manifesto Strategico, che mette al primo posto la dimensione partecipata a favore di “uno sviluppo sociale, ambientale ed economico sostenibile” (Aa.Vv., 2015). La scelta di dare risalto alle suddette tematiche dipende e discende da precedenti atti quali la Dichiarazione di Sardegna del 2004 e la Carta di Catania del 2007, che segnano le tappe più recenti e significative della storia e dell’evoluzione degli ecomusei in Italia. La totalità dei documenti mette in luce in modo continuativo, tra le altre, la dimensione comunitaria e sostenibile di queste istituzioni. 

Tale aspetto è stato colto con arguzia dall’Ires Piemonte (2004), secondo cui l’ecomuseo è un’iniziativa museale in cui sono chiamate istituzioni, cittadini e società locale, che attraverso un patto condiviso si impegnano a prendersi cura del proprio patrimonio, fisico e culturale. In questo modo la storia della popolazione, i segni materiali e immateriali e il sistema valoriale del territorio risultano valorizzati e tutelati quale importante eredità per il futuro.

Tra gli obiettivi del Manifesto strategico vi è particolare attenzione all’educazione, come dimostra l’attività legata all’organizzazione e allo svolgimento di “laboratori per attività didattico-educative, intorno ai temi della sostenibilità, del paesaggio e del patrimonio culturale al servizio del mondo della scuola ma anche delle altre fasce di età, venendosi a configurare come strumento di “apprendimento continuo” e di “mediazione intergenerazionale” (Aa.Vv., 2015). La natura dell’ecomuseo, infatti, ben si presta al supporto dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, configurandosi come un’opportunità formativa in evoluzione non solo con l’ambiente in cui è collocato ma anche in relazione ai fruitori che vi si rapportano. Nel 2019 è stato avviato un processo di revisione partecipata del Manifesto in cui emerge anche la dimensione legata allo “Sviluppo sostenibile”, attraverso l’esplicito riferimento a documenti internazionali quali ad esempio l’Agenda 2030. Tale scelta risulta inoltre in linea con le risoluzioni di Kyoto 2019 dell’International Council of Museums (Icom). I documenti ufficiali che sul territorio nazionale definiscono e identificano gli ecomusei sono moltissimi e gli stessi sono poi normati a livello regionale in buona parte del territorio nazionale. Il Piemonte è stato in tal senso pioniere attraverso l’emanazione della L.R. 31/1995 Istituzione di Ecomusei del Piemonte e della L.R. 13/2019 Riconoscimento degli ecomusei del Piemonte, finalizzate alla regolamentazione di tale istituto anche attraverso la nomina di un comitato scientifico atto all’individuazione e promozione degli ecomusei. A valle di tali strumenti legislativi è stato istituito, con l’Ires Piemonte, il Laboratorio ecomusei della regione Piemonte “con il fine di garantire il necessario sostegno tecnico-scientifico agli ecomusei ed altresì per analizzare l’evoluzione della ecomuseologia italiana e straniera” (D.G.R n. 97-683/2000). Tale atto dà conto dell’importante ruolo attribuito da quasi trent’anni in Piemonte all’educazione nell’ambito degli ecomusei. In una prospettiva nazionale, in definitiva, le differenti normative regionali concordano nell’affermare che l’ecomuseo si pone quale narrazione e ponte tra il patrimonio tutelato e il patrimonio vissuto, attraverso il coinvolgimento attivo della comunità locale, la trasmissione degli elementi caratterizzanti uno specifico contesto, con la creazione di reti nonché educando attivamente il capitale sociale che ne alimenta l’animo. L’ampia e sfaccettata realtà degli ecomusei si presta tuttavia anche a possibili criticità: una sopra tutte è quella inerente a un quadro normativo parziale e differenziato, a sua volta responsabile della possibile confluenza di esperienze poco significative da un punto di vista culturale e di sviluppo locale, oltre che della frammentarietà delle proposte e la loro scarsa condivisione da parte della comunità. La formazione e l’educazione possono rispondere a tali potenziali rischi e criticità attraverso la diffusione in tutto il territorio dei reali valori dell’ecomuseo, che si pone come elemento connettivo tra materiale e immateriale, valorizzando le differenze, le peculiarità locali e rendendo virtuoso il rapporto tra tradizione e innovazione.  

Gli ecomusei risorse di crescita per i più piccoli

Le definizioni sopra analizzate esplicitano con chiarezza come gli ecomusei rispondano alle istanze della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Unesco, 2003), relative alla salvaguardia del patrimonio culturale non solo nella forma di monumenti e collezioni di oggetti, ma anche in relazione a quell’insieme complesso di tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali (incluso il linguaggio), arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenze e pratiche concernenti la natura e l’universo, artigianato tradizionale. Il valore di tale patrimonio immateriale è funzionale al mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione, al dialogo interculturale e al rispetto reciproco dei diversi modi di vivere (ibidem).

In tale prospettiva, gli ecomusei possono rappresentare importanti mediatori didattici attivi – ossia riferiti all’esperienza diretta, all’esplorazione, all’azione in contatto con la realtà fino all’esperimento –  (Damino, 2013), capaci di presentare ai più piccoli un ampio ventaglio di conoscenze e competenze, garantendo la trasmissione di un patrimonio culturale in cui i bambini possono ritrovare le proprie radici o riconoscere le radici altrui, in una logica di scambio e arricchimento reciproco. Il ruolo dei percorsi didattici quali colonne portanti degli ecomusei è unanimemente riconosciuto; a tal riguardo Galvagno e Valsania (2018, p. 1) affermano:

Che cos’è in fondo un ecomuseo se non il contenitore di un percorso didattico orientato alla presa di coscienza e all’autoformazione da parte di una comunità che vuole guardare al proprio presente e scegliere il proprio futuro in maniera consapevole, competente, partecipata, sostenibile? Una grande scuola di territorio, allargata a più plessi e a tutte le età, con tanti esperti/docenti a disposizione, con una progettazione curricolare che abbraccia e intreccia innumerevoli discipline, dove le abilità e le competenze sono conseguite attraverso le metodologie, i percorsi, le esperienze più disparate e che si autoalimenta grazie alla forte componente motivazionale, alla curiosità per quello che si è, all’orgoglio, alla passione, ai legami affettivi con il proprio luogo di vita?

Lo stesso concetto è affermato con forza anche da Maggi e Murtas (2003, p. 37):

La didattica è per un ecomuseo uno dei momenti fondamentali della propria attività in quanto costituisce uno degli strumenti di comunicazione col pubblico più efficaci. Se infatti un ecomuseo si occupasse solo di cura delle collezioni o di ricerca, senza trasmettere la cultura che produce, non solo ridurrebbe di molto le proprie potenzialità attuali, ma rinuncerebbe a trasmettere alle generazioni più giovani il proprio messaggio, condizione prima per trasformare e condizionare anche la cultura del futuro.

Il presente paragrafo intende analizzare gli elementi caratterizzanti gli ecomusei che meglio rispondono ai processi di crescita e conoscenza dei bambini in età prescolare. Per i bambini più piccoli ogni aspetto del quotidiano può essere un importante spunto di conoscenza trasmessa attraverso la sperimentazione (per tentativi ed errori) e il confronto con le figure educative di riferimento; in tale prospettiva le proposte degli ecomusei si contestualizzano in un processo in atto, ampliando il raggio d’azione e conoscenza e, soprattutto, inserendosi in un percorso affettivo e relazionale. Il bambino si interroga sulla realtà che lo circonda per poi riuscire successivamente a costruire sistemi di relazioni tra ambiti non immediatamente vicini. Attraverso il quotidiano, fatto di oggetti materiali e immateriali, il bambino apprende in un contesto “protetto” e affettivamente rilevante, all’interno di un sistema di richiami vicendevoli in cui la realtà museale e le esperienze e tradizioni familiari possono trovare punti di contatto o espedienti di differenziazione. L’aspetto rilevante di tale processo è che le emozioni giocano un ruolo importante nei processi di apprendimento (Borgogni, 2016). A tal proposito, molteplici studi neurofisiologici (Berthoz, 2003; Damasio, 1994; Edelman, 1993; Goleman, 1995) sottolineano quanto le emozioni possano sia influenzare e modificare i processi di apprendimento, sia cambiare una mappa neurale divenendo elemento fondamentale per facilitare o meno un ricordo con valenza sia positiva sia negativa. In tale prospettiva, la possibilità di anticipare l’attivazione di ponti relazionali tra esperienze familiari ed ecomusei diventa un’opportunità importante. Un altro aspetto che, nonostante le differenze evolutive proprie delle età considerate, accomuna i bambini in età prescolastica è quello di essere corpo più che linguaggio (Bondioli e Savio, 2017, p. 80).

Senza mettere in secondo piano gli snodi evolutivi cruciali rappresentati dallo sviluppo del linguaggio verbale e dalla capacità rappresentativa in questa fase della vita, va sottolineato che il bambino prima dei sei anni si rapporta al mondo in modo concreto oltre che attivo privilegiando cioè l’azione e la percezione, esprimendo interessi, difficoltà, potenzialità, punti di vista ecc. prevalentemente attraverso il canale comunicativo non verbale.

Tra i canali di comunicazione non verbale il movimento ben si adatta ai musei esplosi che hanno fatto dell’uscita dagli spazi fisici ristretti il loro primo, embrionale elemento di sviluppo. Gli ecomusei ambientali sono senza dubbio quelli in cui è più semplice e immediato individuare del potenziale nel rispondere in modo piacevole e divertente ai bisogni di movimento dei più piccoli, proponendo alternative ai processi di virtualizzazione (Prensky, 2001) incrementati durante il periodo pandemico. Tali tipologie museali possono svolgere un ruolo importante nei percorsi di Outdoor Adventure Education (Oae), collocandosi all’interno delle proposte territoriali, in cui sono rilevabili numerose e ampie interazioni tra ambiti educativi. A tal proposito l’Oae può integrare sia proposte indoor che outdoor (Donaldson e Donaldson, 1958) sostenendo i bambini nei processi metariflessivi rispetto alle esperienze in natura. In relazione alle possibilità offerte alle scuole da molti ecomusei crediamo particolarmente interessante citare il movimento Placed based education (Sobel, 2004; Armbruster, 2006), che invita a conoscere il proprio territorio attraverso l’impegno in prima persona e lo studio delle comunità locali (Bortolotti apud Farné, Bortolotti e Terrusi, 2018).

In tale prospettiva gli ecomusei possono rappresentare un primo percorso di educazione civica per i più piccoli, a partire da realtà vicine e conosciute, all’interno delle quali i processi di tutela ambientale e di impegno civico possono essere meglio compresi. Un altro aspetto importante di molte esperienze educative negli ecomusei è la possibilità di immergersi in esperienze che coinvolgono i cinque sensi, stimolando così processi di comprensione e memorizzazione molteplici. Le esperienze formative corporee di tipo percettivo-sensoriale, esplorativo e creativo offerte da molti ecomusei sostengono in definitiva lo sviluppo di processi di apprendimento armonici. Già Rousseau (2006, p. 129) aveva compreso con chiarezza e sottolineato come gli aspetti percettivo-motori siano alla base dell’apprendimento sensoriale, soprattutto se supportati da proposte ludiche organizzate:

i primi movimenti naturali dell’uomo consistono nel misurarsi con tutto ciò che lo circonda e nello sperimentare in ogni oggetto che percepisce tutte le qualità sensibili che possono riferirsi a lui, il suo primo studio è una specie di fisica sperimentale relativa alla sua propria conservazione.

Le opportunità ludiche rappresentano un ulteriore elemento di funzionalità degli ecomusei rispetto ai bambini più piccoli, attraverso percorsi che alternano giochi strutturati ad attività di esplorazione e gioco libero.

Se osservate un bambino di tre anni vedrete che gioca sempre con qualche cosa. Questo significa che egli va elaborando con le sue mani e mettendo nella sua coscienza quello che la sua mente inconscia ha assorbito in precedenza. Attraverso queste esperienze dell’ambiente sotto forma di gioco egli esamina le cose […] e costruisce l’uomo (Montessori, 1953, p. 27).

Infine, molte ricerche evidenziano come il contatto con la natura e le attività fisiche nella natura contribuiscono in modo significativo a migliorare o incrementare il livello di benessere individuale a partire dall’infanzia. L’esperienza di Green Space e Blue Space è in grado di incidere significativamente sulla riduzione del livello di stress percepito e di fatica così come sul miglioramento del tono dell’umore (Pretty et al., 2007; Caloagiuri, 2016). Spazi, tempi e opportunità degli ecomusei si configurano, in definitiva, come potenzialmente capaci di rispondere alle esigenze dei più piccoli, siano essi all’interno della vita scolastica o esplorati con la famiglia. Resta da comprendere quanto effettivamente tale ampio potenziale sia compreso e comunicato al pubblico di riferimento. 

La portata educativa degli ecomusei piemontesi attraverso i siti istituzionali

La portata educativa degli ecomusei per essere realmente sfruttata deve essere conosciuta dai potenziali fruitori, in questo caso le figure educative di riferimento dei bambini in età prescolare: insegnanti e famiglie. I siti di comunicazione istituzionale degli ecomusei possono svolgere un ruolo importante che è stato esplorato attraverso l’analisi dei siti degli ecomusei afferenti alla Rete ecomusei piemonte (Rep). Al fine di attivare una prima indagine esplorativa è stato scelto il Piemonte quale regione di analisi in quanto, anche per vicinanze storiche e culturali con la Francia, è stata una delle prime Regioni a stilare regolamenti relativi agli ecomusei, come sopra evidenziato. La domanda di ricerca è stata la seguente: i siti degli ecomusei della regione Piemonte sono in grado di valorizzare ed esplicitare le potenzialità educative insite al loro interno rivolgendosi a genitori e docenti?

Ambito di analisi 

Come precedentemente illustrato, l’insieme di norme e valori attorno al concetto di ecomuseo dipingono un quadro in evoluzione e non sempre del tutto coerente. Benché la realtà complessivamente possa essere definita come omogenea, la mancanza di una normativa nazionale genera a tratti frammentarietà. Nel 2020 la Regione Piemonte riconosce 25 ecomusei sul suo territorio; la Rep ne individua 42; infine la Rete Ecomusei Italiani riconosce 50 ecomusei al 2017, 56 al 2021 e 59 al 2022. Al sistema regionale si affianca infine la Rete ecomuseale dell’area metropolitana di Torino che riunisce musei ed ecomusei localizzati sul territorio dell’area metropolitana. Nell’intento di analizzare la situazione piemontese, e a fronte di una non omogeneità del dato numerico si è deciso di considerare gli ecomusei facenti parte della Rep. Tale scelta è stata determinata dal valore attribuito al lavoro in rete che queste istituzioni riconoscono. L’art. 3 dello Statuto degli ecomusei appartenenti alla Rep dichiara tra i suoi scopi quello di “rappresentare gli interessi della Rete e degli associati nei confronti delle istituzioni, di altre realtà italiane ed internazionali; svolgere attività di ricerca, studio, riflessione, confronto, progettazione e valutazione su tematiche di interesse degli ecomusei; lavorare in rete per ottimizzare azioni e risorse ed essere più efficaci ed efficienti”. Nel medesimo articolo tra le azioni principali si ritrovano collaborazione, confronto, cooperazione tra attori, promozione dell’identità ecomuseale, diffusione, condivisione e scambio di buone pratiche ed esperienze. La Rep inoltre riconosce quali elementi fondativi il territorio nelle sue dimensioni di spazio fisico e di memoria storica; la comunità nel senso più ampio del termine; il progetto, pensato dalla comunità con obiettivi chiari, atti a processi di sviluppo locale e valorizzazione delle risorse. All’interno della rete Rep sono stati considerati i quattordici ecomusei (l’ecomuseo del Biellese è a sua volta una rete di cui fanno parte quindici cellule) che propongono una specifica sezione dedicata alle attività didattiche, educative, rivolte alle scuole e/o alle famiglie.  

Tabella 1. Ecomusei REP con sezione dedicata alla didattica 

Ecomuseo Sogno di Luce 

www.ecomuseocruto.it

Ecomuseo del Granito di Montorfano 

www.ecomuseogranitomontorfano.it 

Ecomuseo della Pietra da Cantoni 

www.ecomuseopietracantoni.it 

Ecomuseo di Cascina Moglioni 

www.areeprotetteappenninopiemontese.it/category/visitare-il-parco/ecomuseo-cascina-moglioni/ 

Ecomuseo Cusius 

www.lagodorta.net 

Ecomuseo Ed Leuzerie e di Scherpelei 

www.ecomuseomalesco.it 

Ecomuseo delle Miniere e delle Valle Germanasca 

www.ecomuseominiere.it 

Ecomuseo del Frediano 

www.ecomuseodelfreidano.it 

Mulab Ecomuseo dell’argilla 

www.munlabtorino.it 

Ecomuseo del Biellese 

cultura.biella.it/on-line/Welcomepage/EcomuseodelBiellese.html 

Ecomuseo Basso Monferrato Astigiano 

www.ecomuseobma.it 

Ecomuseo Terra del Castelmagno 

www.terradelcastelmagno.it 

Ecomuseo della Resistenza Codirosso 

www.ecomuseoresistenzacodirosso.com 

Ecomuseo delle Rocche del Roero 

www.ecomuseodellerocche.it 

 

Metodo di analisi 

Condurre un’analisi del sito Web è utile e importante, perché permette di trovare dati e informazioni che possono servire a migliorare le pagine e le strategie per attirare più visitatori e valorizzare la struttura progettuale proposta. Esistono diverse metodologie investigative ma, dati gli intenti, si è deciso di utilizzare l’“Analisi dell’utenza” navigando i siti e ponendosi nell’ottica dell’utenza di riferimento.  

Dopo una prima fase di analisi libera e autonoma, le autrici hanno stilato una scheda di rilevazione contenente i seguenti ambiti: 

  • l’articolazione della sezione dedicata alla didattica; 
  • i destinatari di tale offerta (ambiti educativi formali, non formali e informali; offerte dedicate alle famiglie; le fasce d’età a cui le proposte sono rivolte);
  • la tipologia di attività proposte e la loro articolazione; 
  • la presenza di elementi tecnologici; 
  • la tipologia di operatori a cui sono affidate le attività; 
  • la presenza di una struttura (ad esempio il dipartimento educativo) dedicata all’educazione all’interno dell’ecomuseo; 
  • l’aggiornamento delle informazioni; 
  • la disponibilità di materiali liberamente scaricabili. 

Tutti i siti sono dunque stati esplorati disgiuntamente e le schede, compilate autonomamente, sono state oggetto di confronto per la stesura dell’analisi di seguito proposta. 

La realtà piemontese 

L’esplorazione delle aree dedicate alla didattica dei siti degli ecomusei presi in considerazione ha messo in luce l’esistenza di prospettive e offerta differenti, in parte imputabili alla natura dell’ecomuseo, incentrata ad esempio su peculiarità fisiche del territorio, o antichi e tradizionali mestieri, in parte alle metodologie prescelte per la conduzione delle attività stesse. A tal riguardo possiamo citare a titolo esemplificativo l’Ecomuseo del Lago D’Orta e Maggiore che offre percorsi di lungo periodo proponendo attività sviluppate sulla didattica per competenze, l’Ecomuseo Sogno di Luce, che si rivolge direttamente anche alle famiglie, il Munlab Ecomuseo dell’argilla che propone invece attività ispirate alla metodologia didattica attiva di Munari, con stile esperienziale e interattivo. Le sezioni didattiche dei siti degli ecomusei risentono nella loro impostazione e struttura anche dell’ente gestore dell’istituto; in alcuni casi a guidare le attività sono associazioni, in altre comunità montane o i comuni stessi. Si pensi all’Ecomuseo Cascina Moglioni immerso nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo, gestito dall’Ente Aree Protette dell’Appennino Piemontese, o l’Ecomuseo del Frediano coordinato dalla Fondazione Esperienze di Cultura Metropolitana. 

Sebbene non sempre esplicitate per quanto riguarda le finalità formative, le proposte didattiche si caratterizzano per un’ampia trasversalità in cui è possibile rintracciare obiettivi connessi all’acquisizione di competenze di cittadinanza attiva, alfabetiche funzionali, tecniche e matematiche, sino all’espressione culturale. Per quanto riguarda la struttura contenutistica, l’offerta ecomuseale piemontese si articola prevalentemente attraverso tre tipologie di attività: visite, laboratori e itinerari spesso proposti in modo associato e combinato. L’offerta è in molti casi contraddistinta da opportunità di modulazione, intesa come la possibilità di calibrare i contenuti in relazione alla fascia d’età o dell’esperienza pregressa dei soggetti coinvolti. Ad esempio, i laboratori sono spesso pensati per una popolazione piuttosto ampia e rappresentano in assoluto il format più utilizzato. In questo caso le attività durano circa due ore. Diverso è invece il caso delle visite guidate e degli itinerari, che si indirizzano a fasce d’età più ristrette e che possono articolarsi in molteplici incontri sino a coprire l’intero anno scolastico. In altri casi ancora, le proposte educative si basano sulle linee di azione della struttura specifica, come la creazione di percorsi collettivi inseriti in un sistema di conoscenze condivise o l’utilizzo di strumenti tipici dell’ecomuseo quali le mappe di comunità, che spesso sono poi condivise sul sito (Ecomuseo del Basso Monferrato Astigiano). A volte le attività sono più ridotte ed estemporanee limitandosi a percorsi contenutistici relativi a una singola tematica. Queste ultime proposte rischiano di parcellizzare la vera essenza di questa tipologia di istituto, che vede nelle connessioni tra spazi differenti un valore aggiunto. I contenuti analizzati non sembrano contemplare l’utilizzo della tecnologia nelle attività proposte, se non in poche eccezioni come l’organizzazione di contest online (Ecomuseo delle Miniere e della Valle Germanasca), quiz (Ecomuseo del Granito di Montorfano) o la pubblicazione di testi, materiali e giochi che raccolgono gli elaborati realizzati nel corso dei laboratori (Ecomuseo delle Rocche del Roero, Ecomuseo Sogno di Luce, Ecomuseo Basso Monferrato Astigiano). In linea di massima possiamo affermare che i siti degli ecomusei considerati valorizzano principalmente le proposte didattiche rivolte alle scuole, minore risonanza è invece data alle attività rivolte alle famiglie. Tale evidenza può essere in parte imputata alla necessità di valorizzazione e coinvolgimento delle istituzioni formali, in parte all’utilizzo di altri canali per coinvolgere i gruppi familiari (ad esempio le pagine social e i quotidiani locali). 

Altro elemento a cui viene data poca risonanza è il personale che si occupa della conduzione dei laboratori o delle visite; sono pochi i casi in cui viene valorizzato o in cui si esplicita la loro figura. I contesti educativi degli ecomusei potrebbero invece rappresentare in futuro un importante spazio di impiego e professionalizzazione di specifiche figure educative.

Un ulteriore aspetto indagato nelle pagine dedicate alla didattica e/o alle scuole riguarda l’aggiornamento e l’attualità delle proposte. In qualche caso tale offerta risulta aggiornata all’anno scolastico precedente la pandemia (Ecomuseo delle Rocche e del Roero), contrariamente ai canali social, che risultano invece in costante aggiornamento. Una buona parte dei siti in ogni caso è aggiornata con attività in corso di svolgimento. In un unico caso la pagina relativa alla didattica non è invece aggiornata da un arco temporale che supera il decennio (Ecomuseo Cusius); in questo stesso sito alcune delle sezioni dedicate all’illustrazione della specifica proposta non risultano funzionanti. Analogamente in altri casi sono presenti pagine che riportano offerte concluse e pertanto non più valide (è  il caso di alcune delle schede dell’Ecomuseo Ed Leuzerie e di Scherpelei). Tra i siti analizzati, quelli presentati di seguito si distinguono per una particolare attenzione verso gli ambiti educativi.

L’Ecomuseo delle Rocche del Roero ha una sezione dedicata alla didattica molto approfondita e descrittiva: sono scaricabili i percorsi attivati negli anni passati con le scuole, prevalentemente workshop, all’interno dei quali si illustrano le finalità del percorso. Alcuni dei progetti svolti, inoltre, sono stati documentati in appositi Quaderni dell’Ecomuseo delle Rocche (se ne contano 10) e una pubblicazione, Veuti che ‘tra conta?. Tutti i gradi scolastici sono contemplati nell’offerta, con una particolare attenzione all’infanzia come testimonia la collaborazione, a partire dal 2002, anno della sua istituzione, con la Scuola dell’Infanzia Statale a Cisterna d’Asti, all’interno del più ampio progetto della Rete Museale Roero Monferrato – sintomo del fatto che le esperienze di formazione hanno innescato processi virtuosi di coinvolgimento attivo delle scuole.

Altrettanto interessante è il caso dell'Ecomuseo del Biellese, che si propone “come luogo di formazione permanente per scolaresche e adulti”, come riporta la sezione dedicata alla didattica. L’offerta in questo caso si articola in più di venti percorsi che riguardano tematiche differenti, dal paesaggio alla religiosità popolare, visite a case museo, mulini e siti di archeologia industriale, personaggi che hanno fatto la storia locale come Ermenegildo Zegna. Le sintetiche sezioni specificano i destinatari, la durata dell’attività, i materiali a disposizione. Molti percorsi sono dedicati anche alla scuola dell’infanzia.

L’Ecomuseo delle Miniere e della Valle Germanasca ha un proprio dipartimento didattico che – come si specifica nel sito – ha “sviluppato una progettazione che abbraccia e intreccia innumerevoli discipline, dove le abilità e le competenze sono conseguite attraverso metodologie, percorsi e sperimentazioni dirette in ambienti unici”. Si propongono itinerari tematici che vanno dall’infanzia alla secondaria di secondo grado la cui offerta è integrata anche con il contest La miniera raccontata dai ragazzini, rivolta alle scuole e finalizzata a raccontare l’esperienza condotta con la realizzazione di oggetti o video, canzoni, disegni “alla ricerca di un’idea che racconti la miniera, le fantasie suscitate e le emozioni provate”.

È doveroso notare come le tre esemplificazioni qui sopra indicate siano inserite all’interno di contesti territoriali con una forte identità. Nei primi due casi citati gli ecomusei si sviluppano all’interno di contesti territoriali con una tradizione molto forte nella cura e valorizzazione del proprio patrimonio materiale, nella conservazione della memoria e delle tradizioni locali. Nell’ultimo caso l’ecomuseo è inserito in un contesto di Unione montana (Valli Chisone e Germanasca) in cui l’identità e il senso comunitario rappresentano elementi tradizionalmente importanti di questa tipologia di territori. L’analisi condotta ci ha consentito di acquisire una visione d’insieme in cui è evidente il fermento culturale correlato allo sviluppo degli ecomusei; un maggior investimento in termini di progettazione rispetto ai contenuti didattici dei siti potrebbe garantire una futura e crescente consapevolezza del valore di tali realtà, anche per gli utenti di altre regioni o contesti. A partire dalla tradizione, il futuro può e deve passare dalla capacità di raccontarsi divenendo così reale patrimonio condiviso della comunità a partire dai membri più piccoli, per i quali, come abbiamo dettagliato, l’ecomuseo può rappresentare una fonte educativa importante e insostituibile da proposte di simulazione altre. 

Conclusioni 

Il D.Lgs. 65/2017 ha istituito il Sistema integrato 0-6 che, citiamo la normativa, “garantisce a tutte le bambine e i bambini, dalla nascita ai sei anni, pari opportunità di sviluppare le proprie potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento per superare disuguaglianze, barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. In tale prospettiva si configura l’istituzione di un sistema di continuità verticale che può trovare nel territorio rinforzi e radici, in una sfida formativa a cui non solo gli ecomusei possono partecipare ma a cui non devono rinunciare. 

Gli ecomusei rappresentano oggi un attore territoriale importante all’interno delle comunità educanti; l’attività di analisi dei siti della realtà Piemontese dimostra che non sempre tale potenzialità è realmente condivisa e valorizzata. Si configura l’utilità di un lavoro di analisi più esteso sul territorio, non tanto per mappare eventuali carenze quanto per configurare nuove prospettive di sviluppo in cui le istanze comunicative del presente, tecnologiche e massmediatiche, si intreccino con i valori fondanti delle comunità, di cui gli ecomusei sono baluardo.

Note

[1] L’articolo è il risultato del lavoro condiviso delle autrici; per quanto concerne la stesura, ad Alessia Rosa vanno attribuiti i paragrafi: Il museo esploso: una nuova visione su rappresentazione e partecipazione; I documenti ufficiali sugli ecomusei: tra intenti e linee d’intervento; Gli ecomusei risorse di crescita per i più piccoli; Metodo di analisi; Conclusioni. Michela Bongiorno è autrice dei seguenti paragrafi: La portata educativa degli ecomusei piemontesi attraverso i siti istituzionali; Ambito di analisi; La realtà piemontese.

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Le autrici

Alessia Rosa, Ph.D. in Scienze dell’educazione, è primo ricercatore presso la sede territoriale Nord di Indire (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa). Responsabile della Struttura di ricerca Didattica laboratoriale e innovazione del curricolo – Area artistico-espressiva, è referente per Indire del Progetto Horizon KIDS4ALLL – Key Inclusive Development Strategies for Life Long Learning. I suoi interessi di ricerca riguardano principalmente la strutturazione didattica ed organizzativa del sistema integrato 0-6.

Michela Bongiorno, dottoranda in Learning Sciences and Digital Technologies presso l’Università di Torino. Il suo attuale tema di ricerca è inerente all’individuazione di strategie didattiche finalizzate alla sensibilizzazione verso i temi della sostenibilità ambientale. Urbanista iscritta all’Albo degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Torino, collaboratore tecnico di ricerca presso Indire.