I musei diffusi, le aree archeologiche monumentali e gli studenti-visitatori: una nuova comunità educante per la valorizzazione del territorio | Open air museums, monumental archaeological areas and student-visitors: a new educational community for the enhancement of the territory
DOI: 10.5281/zenodo.10646060 | PDF
Over the past thirty years, research has dealt with the role that museums have assumed over time: from buildings intended for conservation and collection, to learning spaces, places of social and cultural development for the community, with opportunities for 'inclusion. Therefore, the relationship between the museum and learning is central given that the museum has clear educational aspects as it inevitably stimulates cognitive processes. However, if this is true for museums placed inside a building, it is even more evident for open air museums and archaeological areas with their monuments, whose visual impact already acts as a resource to sensitize the community to promotional activities, preservation and protection of its cultural heritage.
In this contribution, through a civic education project implemented in a high school of Rome, we want to highlight the link that can be established between schools, museums and monumental archaeological areas in order to raise awareness among students, the future ruling class, not only about knowledge, but also about the safeguarding of cultural heritage and territory. In this way, the link between museums and schools, with student-visitors, can allow the creation of a new “educational community”, because it involves the activation and participation of local communities in the protection and preservation of their territory, strengthening their identity.
Keywords: Museums, educational community, cultural heritage, students visitors
Introduzione
Nel corso degli ultimi trent’anni, la ricerca si è incentrata sulle funzioni che i musei hanno assunto nel tempo: da edifici destinati alla conservazione e alla collezione (Weil, 2002), a spazi di apprendimento e di sviluppo sociale e culturale per la comunità (Tlili, 2015), con opportunità per l’inclusione (Piazza e Rizzari, 2022, p. 42).
L’utenza è sempre più vasta ed eterogenea per cui i musei cercano di garantire l’accesso alla cultura attraverso nuove forme comunicative (Magoga, 2019), con la finalità di favorire la piena partecipazione delle comunità al processo di unione sociale (Piazza e Rizzari, 2022, p. 42; UNESCO, 2021), utilizzando come legante il patrimonio culturale.
Il ruolo della Repubblica nella tutela e promozione della cultura del nostro Paese è definito dall’art. 9 della Costituzione, così innovato dalla modifica costituzionale del 2022:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
La Repubblica, quindi, si impegna a favorire lo sviluppo della “cultura e della ricerca scientifica e tecnica” per il benessere della società e della dignità delle persone. Inoltre, la Costituzione attribuisce alla Repubblica anche il compito di valorizzare il paesaggio nazionale, ambientale e storico, promuovere la conoscenza dei beni italiani e garantirne a tutti l’accessibilità – si veda a questo proposito il D.Lgs. 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio. Infine, l’art. 9 protegge il paesaggio inteso come ambiente naturale, dal quale dipendono la qualità della vita e la salute delle persone che ci vivono.
Negli ultimi anni si è diffusa l’importanza di esaminare le caratteristiche dei cittadini-visitatori dei musei, attribuendo ai dati acquisiti un nuovo valore rispetto al passato. Oggi le indagini sul pubblico dei musei, infatti, sono uno strumento di supporto alla programmazione dell’istituzione museale e allo sviluppo di attività di marketing per stabilire indicatori più adeguati al nuovo ruolo che i musei svolgono: non si tratta più di individuare l’utenza con la finalità di incrementare il numero di visitatori da un anno all’altro, ma è necessario valutare la soddisfazione dell’utente, dato che, nell’attuale società della conoscenza, emerge un diffuso bisogno di apprendimento continuo. Perciò il ruolo stesso del visitatore cambia: da destinatario passivo, a protagonista attivo di un percorso di sviluppo museale. L. Solima (2008), in particolare, mette in evidenza come stia mutando la qualità della relazione che si instaura tra il museo ed i suoi visitatori: si tratta di un rapporto non più saltuario, ma permanente, non più unilaterale, ma reciproco, in cui il senso di appartenenza al museo (e al suo territorio) si attua in un contesto aperto alla socializzazione.
La realtà museale: luogo pedagogico per l’apprendimento permanente
Secondo Muscarà e Romano (2020, p. 62), “il valore del patrimonio culturale non risiede esclusivamente nella funzione di testimone della cultura di un gruppo umano, ma esso si esplica anche nella capacità che ha di garantire lo sviluppo tanto dell’intera società quanto del singolo individuo”.
Il nuovo ruolo assunto dai musei, infatti, è quello di spazio per l’apprendimento permanente. Numerosi sono i documenti prodotti dall’Unesco e dall’International Council of Museums (ICOM)[1] in cui si evidenzia come si stia sempre più affermando l’idea che la fruizione del patrimonio culturale sia un diritto di tutti i cittadini (Nardi, 2004).
Si tratta di vedere i musei con un approccio pedagogico in cui centrale è il rapporto tra museo e apprendimento, dato che la realtà museale, di qualsiasi natura essa sia, stimola processi conoscitivi (Grassi, 2015, p. 4).
Il museo, infatti, consente di avere molteplici occasioni di formazione e educazione permanente[2]. Rivolgersi al pubblico permette di focalizzare l’attenzione dei musei sullo sviluppo di relazioni con le comunità di appartenenza (i musei devono coltivare “la capacità di consapevolezza sociale e di riflessione critica come base per il cambiamento personale e sociale”; UNESCO, 2016, p. 15), attraverso la comunicazione efficace, l’interpretazione e, in sostanza, l’educazione dei visitatori (Piazza e Rizzari, 2021, pp. 286-289), proprio per promuovere il benessere e la crescita delle comunità (Da Milano e Gariboldi, 2019).
Poiché gli utenti sono fruitori attivi con cui interagire (Brown, Novak-Leonard e Gilbride, 2011; Piazza e Rizzari, 2022, p. 44) e hanno background diversi, si ha la necessità di differenziare i modi attraverso i quali il museo comunica, per coinvolgere tutti i visitatori (Kjeldsen e Jensen, 2015). I musei e le istituzioni ad esse connessi (associazioni culturali, onlus ecc.), infatti, sono orientati a incoraggiare l’accesso al mondo della cultura a persone di ogni età e provenienza, anche col fine di promuovere un esercizio consapevole della cittadinanza per la partecipazione sociale (Zanato Orlandini, 2009, p. 98).
E in quale modo può essere incentivata la partecipazione sociale per l’apprendimento permanente nei musei? Migliorando la comunicazione, promuovendo la presenza di tecnologie digitali e aumentando la consapevolezza della responsabilità educativa delle istituzioni culturali. In questo modo, i musei attuano il loro dovere di garantire che il pubblico sia arricchito dalle opportunità offerte (Ayala, Cuenca-Amigo e Cuenca, 2020; Hohenstein e Moussouri, 2017; King e Lord, 2015; Partarakis, Antona e Stephanidis, 2016; Piazza e Rizzari, 2022, p. 44).
Al centro, quindi, è posta la relazione tra musei e visitatori, da intendersi come
un processo dialettico che si instaura tra la narrazione pubblica dei musei e la narrazione privata dei visitatori. In questo senso il museo è presentato come uno spazio “performativo” che […] mette in moto un dialogo critico, una relazione dinamica con le memorie e le storie culturali dei visitatori (Grassi, 2015, p. 7).
Considerata, quindi, la funzione educativa e didattica dei musei, possiamo dire che i contenuti in esso presenti si spostano da un modello trasmissivo a uno costruttivo, promuovendo un nuovo rapporto con la cultura, il territorio e i suoi utenti (Zanato Orlandini, 2009, p. 98).
Oggi, infatti, si distingue tra l’educazione informale, attuata nei musei, e l’educazione formale, effettuata nelle scuole. Non si tratta però di due forme educative contrapposte, ma piuttosto complementari: la differenza tra scuola e museo in ambito educativo-pedagogico è solo una distinzione di setting educativi (Grassi, 2015, p. 5).
I musei devono quindi creare cooperazione tra risorse educative formali e non formali, incoraggiare negli utenti la costruzione di contenuti, creare occasioni di riflessione e di confronto attraverso la testimonianza della storia di quel luogo per valorizzarlo e salvaguardarlo. In questo modo il visitatore ha la possibilità di comprendere la sua appartenenza al territorio (Celi, 2007).
Appare chiaro, perciò, il ruolo educativo che può rivestire il museo, dove l’apprendimento da parte del soggetto è facilitato dal contesto stimolante (Grassi, 2015, p. 8).
Oggi, in ambito didattico, spesso si discute sul processo di “insegnamento-apprendimento efficace”, ossia un processo attivo del soggetto che apprende, sollecitato dall’ambiente e sostenuto da una relazione accogliente, in cui si analizza a chi e perché rivolgere l’azione educativa (Zanato Orlandini, 2009, pp. 99-100)[3].
In generale, la didattica necessita di un’attenta analisi dei destinatari, del contesto e dei contenuti, attraverso una precisa scelta di tecniche, strumenti e modalità comunicative. Questi presupposti sono necessari anche nel caso della didattica museale in cui bisogna interagire con i visitatori, ipotetici-digitali o reali-concreti (ibidem).
Dato che il museo è inteso come istituzione che intende testimoniare l’identità culturale di una comunità, l’azione didattica deve fornire agli utenti non solo l’informazione (sapere) e l’acquisizione di abilità (saper fare), ma deve condurre i fruitori anche alla comprensione (saper essere) per garantire la partecipazione attiva: “solo diventando partecipi di questa memoria collettiva si diventa cittadini a pieno titolo” (Laneve, 1997), capaci di apprezzare il valore, difendere, tutelare e prendersi cura del patrimonio della comunità (Zanato Orlandini, 2009, pp. 100-101).
Tuttavia, ci chiediamo: oggi la rete e i social media contribuiscono alla creazione di comunità attive e partecipative? Poiché le tecnologie digitali stanno modificando l’esperienza di visita dei beni culturali, certamente possiamo ritenere che i social media consentono un più facile accesso al patrimonio culturale. Si pensi a come la realtà virtuale e aumentata stia accelerando la Digital Transformation dell’arte e dei musei, creando modalità di fruizione innovative (mostre virtuali senza opere fisiche o esperienze di archeologia virtuale). L’importanza del digitale, inoltre, risiede anche nella fase di visita in loco, poiché fornisce guide aumentate, permettendo esperienze immersive (CHO.earth, 2019). Tale fenomeno interessa non solo i grandi musei, pubblici e privati che siano, ma anche le piccole realtà museali e i siti monumentali che si stanno avvalendo sempre più del digitale per ottenere visibilità. Internet, inoltre, offre la possibilità di valorizzare la realtà dei musei diffusi, connettendo monumenti, opere d’arte e territorio attraverso strumenti digitali quali, ad esempio, cartografie immersive, immagini a 360° riprese dai droni e percorsi aumentati che rendono efficace la scoperta del territorio; anche le mostre virtuali stanno avendo un grande esito a livello divulgativo (ad esempio i musei multimediali come M9 a Mestre, o il MAV di Ercolano, con allestimenti permanenti virtuali) e le installazioni immersive, realizzate sia all’interno di mostre sia di musei tradizionali, che integrano l’offerta culturale (si pensi alle oculus room o alle installazioni a interazione gestuale e touch screen).
L’identità dei musei diffusi e delle aree archeologiche monumentali
L’importanza dell’apprendimento permanente in ambito museale va valutato, rispetto alla realtà nostrana, anche in relazione ai musei diffusi e alle aree archeologiche monumentali.
Il concetto di “museo diffuso” è stato introdotto dall’architetto Fredi Drugman negli anni Settanta e rimanda al rapporto tra patrimonio museale e territorio, ma anche tra museo e abitanti: il museo diffuso, quindi, è un museo che supera i confini fisici dei suoi ambienti e si rivolge al territorio e alla società di appartenenza. Esso sviluppa il suo percorso di visita in un’area geografica definita che può essere una porzione o un’intera città, un territorio extraurbano o una regione, dando la possibilità di creare itinerari da proporre sia a coloro ai quali quel territorio appartiene, rendendoli partecipi, sia a coloro che non sono di quel luogo, diventando un tramite per la conoscenza di zone poco note.
Sono sempre più numerose le esperienze di musei che nascono per raccontare e valorizzare il patrimonio culturale diffuso di specifiche aree geografiche insieme alle comunità che lo vivono: l’obiettivo è quello di trasformare un territorio in un museo all’aperto per rendere fruibile un patrimonio fatto di luoghi, memorie, oggetti e abitanti identificativi di quel luogo. Il museo diffuso, di fatto, rappresenta un’esperienza innovativa che favorisce l’inclusione sociale, stimolando la partecipazione delle comunità locali e rafforzando l’identità dei territori.
Alcuni musei diffusi hanno fatto dell’archeologia lo stimolo per conoscere meglio il territorio e il suo contesto paesaggistico, con la finalità di tutelarlo e valorizzarlo come ambiente di vita. Si pensi alle importanti esperienze che danno corpo al Sistema ecomuseale del Salento (SESA), a partire dal museo diffuso di Cavallino (cultura.gov.it/luogo/museo-diffuso-di-cavallino; unisalento.it/musei/museo-diffuso-di-cavallino): inaugurato il 21 dicembre 2003 e modello per altre realtà salentine, esso è composto dal paesaggio, dal costruito, dalle emergenze archeologiche, palinsesto sul quale tutte le attività antropiche e naturali hanno lasciato tracce da evidenziare e trasmettere come conoscenza al pubblico; e, tra gli altri, ai musei diffusi di Castello d’Alceste a San Vito dei Normanni, il Parco dei Guerrieri a Vaste, gli ecomusei di Botrugno, Neviano e Acquarica di Lecce: si tratta di autentici musei all’aperto i cui percorsi non sono connessi solo alle evidenze archeologiche, ma anche al paesaggio rurale e alle trasformazioni avvenute nei secoli (Baratti, 2012). Queste realtà museali salentine valorizzano il patrimonio storico-archeologico con una forma strutturata di musealizzazione all’aperto che coglie anche i significati storico-urbanistici.
Per quanto concerne, invece, il concetto di “area archeologica”, esso trova una sua definizione giuridica in Italia nell’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42 del 2004), identificandosi con “un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica”. Il concetto, in termini giuridici, era già comparso qualche anno prima nel Testo unico sui beni culturali (D. Lgs. 490 del 1999), dove si leggeva che l’area archeologica è un sito “su cui insistono i resti di un insieme edilizio originariamente concluso per funzione e destinazione d’uso complessive” (Bressan, 2016, p. 971).
Secondo l’orientamento attuale, inoltre, si definisce “archeologico” quanto indagato con metodo archeologico, indipendentemente dalla cronologia effettiva del manufatto (ibidem), quindi anche quei monumenti, genericamente detti “antichi”, che rappresentano, spesso, la cifra identificativa delle nostre città e campagne.
Nello specifico, le aree monumentali archeologiche sono elementi del territorio che, nella loro dimensione di visibilità, diventano la narrazione dell’identità della comunità locale e possono, a loro volta, costituirsi come strumento educativo.
La comparsa del concetto di area archeologica nell’ambito della normativa, quindi, attribuisce identità giuridica a questi luoghi della cultura che prima erano solo sullo sfondo dell’istituzione Museo, consentendo di operare in materia di fruizione e valorizzazione. Inoltre, la normativa ha definito il concetto di “parco archeologico”, ossia “ambito territoriale connotato dalla compresenza di tre elementi costitutivi: le evidenze archeologiche, il valore storico-paesaggistico-ambientale, gli apparati necessari ad attrezzarlo come un museo all’aperto” (ivi, p. 972)[4]. Tuttavia, l’area archeologica esiste anche in sé e non solo come elemento di un sistema sovraordinato; infatti, le aree archeologiche isolate, in contesti urbani o territoriali, dove non sempre esiste un progetto di messa in rete tramite un parco o un istituto culturale, esistono ugualmente in quanto tali e ne vanno garantite conservazione e pubblica fruizione (ivi, p. 973).
La presenza di aree archeologiche, isolate e non, monumentali e non, di fatto, costituisce una caratteristica identificativa del patrimonio culturale italiano e del suo paesaggio urbano e rurale, consentendo di porsi in una prospettiva di valorizzazione dell’intero patrimonio archeologico diffuso (ivi, p. 974).
Una nuova comunità educante in un progetto didattico di educazione civica
Secondo una prospettiva educativa, far visitare i musei agli studenti e, nello specifico, i musei all’aperto è uno strumento alternativo di consapevolezza del patrimonio culturale perché, da un lato, consente lo sviluppo di conoscenze e la formazione di competenze cognitive e storico-artistiche, dall’altro, permette la nascita di un legame con la realtà museale. Tuttavia, per raggiungere tali obiettivi non ci si può limitare a visite periodiche senza costruire riflessioni personali. Pertanto, appare necessario lavorare all’interno di un progetto educativo in cui si uniscano il lavoro svolto a scuola, i bisogni dei destinatari, l’esperienza nel museo e le nuove conoscenze da acquisire (Xanthoudaki, 2003, pp. 101-102).
Visitare realtà museali offre quindi l’opportunità di scoprire personalmente le informazioni in esse contenute, sviluppare capacità di osservazione, analisi e risoluzione di problemi e di formazione di giudizi personali (ivi, p. 103). Per raggiungere tali finalità, è necessario stabilire quali sono gli aspetti pedagogici che intervengono in un progetto educativo: i contenuti, le metodologie, le competenze, conoscenze ed esperienze degli studenti, le nuove conoscenze e capacità da sviluppare, le discipline con cui raccordare la visita al museo, la scelta delle risorse e dei materiali di lavoro e gli strumenti per la valutazione (Gabrielli, 2001, p. 106; Xanthoudaki, 2003).
L’incontro con “l’oggetto originale” costituisce, quindi, la ragione per cui l’apprendimento in una realtà museale viene considerato spesso più efficace di quello tradizionale attuato, per esempio, con lo studio di un libro (Balboni Brizza, 2001, p. 20). Le informazioni che contiene l’oggetto della visita vengono poi acquisite dal visitatore-studente in base ai propri interessi e ai livelli di competenza (Xanthoudaki, 2003, p. 106). Il rimando inevitabile è al concetto di “libertà” come condizione costitutiva dell’apprendimento, ossia la libertà dell’educando di apprendere attraverso processi esperienziali diretti, stimolato da interessi personali: “La libertà si presenta così come l’assoluto educativo: non solo in quanto condizione assoluta del processo dell’educare, ma come il suo esito più alto [...], l’essere educato e l’essere libero si identificano compiutamente e decidono della libertà della società in cui hanno luogo ad esistere” (Laporta, 1996, p. 257 e p. XXIV). In questo modo si è liberi e protagonisti del proprio processo formativo all’interno di una «comunità educante» capace di esprimere la progettualità dell’educazione nella prospettiva di crescita di autonomia e responsabilità del soggetto (Laporta, 1979)[5].
Pertanto, in una progettazione che vede come attori la scuola da un lato (luogo dell’apprendimento formale) e la realtà museale dall’altro (luogo dell’apprendimento informale), gli studenti-visitatori diventano a loro volta “comunità educante”, poiché fautori attivi della propria conoscenza e rappresentanti di una nuova esperienza di apprendimento fatta di contenuti, abilità e competenze molteplici.
Ma cosa si intende per “comunità educante”?
Innanzitutto, va considerato il concetto di “comunità” intesa, secondo l’accezione anglosassone, come “comunità locale, cittadina, villaggio, suburbio”. Con riferimento all’Italia, tale termine è connesso anche al territorio e alle politiche sociali; in questo senso, la comunità è concepita come elemento di connessione tra l’individuo e la società (Zamengo e Valenzano, 2018, p. 349).
Dal punto di vista pedagogico, la definizione di comunità intesa come “comunità educante” è stata oggetto di un acceso dibattito nazionale tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso (ivi, pp. 350-351). Alla luce di tale dibattito e sulla base delle recenti considerazioni condotte, tra gli altri, da F. Zamengo e N. Valenzano, è interessante rilevare nella realtà contemporanea come la comunità sia considerata “educante” quando costituisce il contesto entro cui ha luogo il processo educativo, e diviene “educativa” laddove si considerano, invece, l’insieme dei soggetti, dei mezzi e degli strumenti che realizzano, nella pratica, l’intervento (ivi, pp. 354-355). Già la scuola è definita come comunità educante:
[…] la scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, improntata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i princìpi generali dell’ordinamento italiano […][6].
Tuttavia, S. Capogna (2014) supera questa definizione, ritenendo che l’identità della comunità educante non possa essere circoscritta ai soli istituti scolastici: la sfida educativa consiste, infatti, nel riconoscimento del ruolo e della funzione di una comunità educante che è nel sistema educativo del territorio in cui essa si colloca. Pertanto, emerge una nuova identità attribuita alla comunità educante che coinvolge tutti i membri, ciascuno per il suo ruolo (genitori, istituzioni, politica, sistema economico-produttivo, parti sociali). Si tratta non solo di rivolgersi verso un modello educativo aperto al territorio e ai suoi soggetti, istituzionali e non, ma anche di coinvolgere l’intera comunità che si assume la responsabilità educativa di cui è portatrice.
Anche I. Illich negli anni Settanta, anticipando teorie contemporanee, sosteneva che “sia lo scambio di capacità tecniche sia l’incontro tra persone interessate ad un determinato argomento si fondano sul presupposto che l’educazione per tutti è l’educazione da parte di tutti”, mettendo in discussione la funzione della scuola come unico luogo preposto all’apprendimento (Illich 2019, pp. 43, 72); egli, quindi, cercava di proporre un modello educativo di sviluppo integrale e autonomo dei giovani, parlando di “descolarizzazione”, ossia quando ambiente fisico e risorse materiali per l’apprendimento sono messe a disposizione di tutti per l’apprendimento autonomo (ivi, p. 106).
In tale prospettiva si colloca un progetto didattico pionieristico di educazione civica attuato in un liceo romano e rivolto a quattro classi terze, con la finalità di unire “il fare esperienza” con “il fare conoscenza”. L’attività proposta è stata pensata anche in funzione della disciplina di storia dell’arte, per ampliarne conoscenze e competenze.
Il progetto ha riguardato tematiche quali il concetto di salvaguardia e tutela dei beni culturali, in particolare di beni monumentali archeologici di età romana, con l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti al rispetto della città, dei monumenti e del verde, attraverso la conoscenza del proprio territorio. Si è proposta un’attività, quindi, che fosse anche un lavoro educativo per sviluppare negli studenti atteggiamenti di apprezzamento del bene comune, in cui fosse valorizzato il nesso tra arte, cultura e scuola.
Per formulare un progetto educativo coerente abbiamo previsto:
- Fase 1 (input): lezione preliminare introduttiva a scuola sul concetto di patrimonio culturale, con lettura dell’art. 9 della Costituzione e approfondimento delle forme di tutela dei beni culturali attive in Italia. A seguire, breve discussione sulla realtà monumentale archeologica romana, anche in riferimento agli argomenti affrontati contestualmente in storia dell’arte: si è messo in evidenza come i complessi monumentali di Roma rappresentino autentici “musei all’aperto”, pur essendo quotidianamente in pericolo a causa di una generale penuria di risorse e una diffusa incuria[7]. Al termine di questa fase, è stata assegnata una scheda tecnica di monumento, sul modello delle schede di catalogo on-line dei beni culturali (catalogo.cultura.gov.it), da far compilare agli studenti organizzati in piccoli gruppi (2/3 persone). Le voci previste, adattate all’attività, sono state le seguenti: oggetto (tomba, dipinto, affresco, acquedotto, ponte, ecc.), titolo dell’opera, datazione, descrizione, autore, analisi stilistica, stato di conservazione (o degrado), storia del restauro, storia della tutela, materiale, localizzazione (o luogo di conservazione), notizie storico-critiche, condizione giuridica (proprietà statale, comunale, privata ecc.), ente competente per la tutela (soprintendenza, comune, parco archeologico, ecc.), ente schedatore (nome e cognome di chi redige la scheda), data di compilazione, bibliografia e sitografia.
- Fase 2 (elaborazione): realizzazione della ricerca, condotta a casa dagli studenti, con compilazione della scheda di un monumento o complesso monumentale di Roma ed eventuale visita, virtuale o reale, del Bene assegnato.
- Fase 3 (output): restituzione delle schede elaborate dai singoli gruppi e compilazione di un questionario di autovalutazione/riflessione in classe, dopo l’esperienza. Quest’ultimo momento è servito per riflettere sul concetto di partecipazione attiva alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio diffuso, analizzando anche i limiti e le potenzialità del progetto. Il test, dopo una preliminare sezione con domande a risposta chiusa rivolta alle abilità sociali acquisite durante l’attività di gruppo, ha previsto la riflessione con domande aperte sulla schedatura del monumento. Si è chiesto, quindi, in che modo tale progetto potesse essere migliorato ed è emersa la volontà da parte degli studenti di avere più tempo per visitare personalmente i beni assegnati, dato che la visita in loco, per chi l’ha potuta effettuare, è risultata essere di maggiore stimolo alla conoscenza e all’analisi. Inoltre, abbiamo chiesto in che modo gli studenti ritengono di poter contribuire alla salvaguardia e valorizzazione dei musei all’aperto e del patrimonio diffuso della propria città: oltre a proporre forme di salvaguardia ambientale (dalla pulizia su base volontaria delle aree oggetto della ricerca, al rispetto delle regole individuate dagli enti di tutela), molti alunni ritengono di poter valorizzare il patrimonio attraverso forme specifiche di divulgazione: dalla partecipazione ad eventi culturali, alla realizzazione di brevi articoli di approfondimento o documentari sui monumenti analizzati o, piuttosto, di siti internet per sponsorizzare il patrimonio meno noto al circuito turistico, sfruttando anche i social come canali di pubblicità e diffusione di notizie (ad es. postando foto o video delle opere visitate). Inoltre, la maggior parte dei ragazzi ha suggerito di proporre visite guidate a familiari o amici per favorire la conoscenza del proprio territorio. Infine, rispetto al totale degli studenti coinvolti (82), è emerso che solo una piccola parte ha visitato fisicamente i luoghi culturali proposti per l’attività, stimolati dalla ricerca, ritenendola un’esperienza altamente coinvolgente (14); altri (12) hanno riferito di aver visitato l’edificio prima dell’attività, mentre la restante parte si è preoccupata di documentarsi attraverso visite virtuali o immagini esemplificative recuperate on line (56).
Tale attività si è ispirata, in parte, ad alcuni progetti attivati nel comune di Roma, volti a sensibilizzare la cittadinanza alla conoscenza della propria città, così da rendere anche gli alunni protagonisti attivi della conoscenza del contesto urbano (ad esempio il “Progetto Musei Diffusi - Percorsi di partecipazione per la valorizzazione dei territori”, nato con l’obiettivo di far conoscere e valorizzare le bellezze del territorio, legando la presenza del patrimonio artistico al ruolo attivo della cittadinanza per la valorizzazione dei territori stessi)[8].
L’obiettivo, quindi, è stato quello di conoscere e approfondire il territorio, stimolando gli studenti, anche con la visita del monumento assegnato (reale o virtuale), all’elaborazione di un pensiero critico rivolto alla propria realtà urbana, proponendo osservazioni specifiche sullo stato di conservazione/degrado e sulle forme di tutela per la valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale diffuso di Roma. In questo modo i ragazzi, con un’esperienza attiva, si son fatti portavoce delle conoscenze apprese, non solo attraverso fonti bibliografiche, ma anche con visite dirette.
Il feedback conclusivo, poi, ha confermato il raggiungimento degli obiettivi proposti: far conoscere agli alunni una parte del patrimonio diffuso della propria città, sensibilizzandoli, anche attraverso proposte personali, alla valorizzazione dei beni culturali.
Per il futuro, quindi, possiamo potenziare il progetto con la realizzazione non solo di una scheda tecnica basata su visite da realizzare in situ, ma anche con la produzione di brochure e video divulgativi e la preparazione di piccoli incontri seminariali da rivolgere anche alle altre classi della scuola, affinché gli studenti stessi diventino “educatori e costruttori” di una nuova comunità educante attraverso il connubio scuola-museo.
Conclusioni
Da quanto è emerso dal feedback sul progetto effettuato a scuola, una parte degli studenti, seppur ancora esigua, ha ritenuto che l’esperienza di ricerca sia stata uno stimolo a visitare l’area monumentale assegnata per conoscere meglio il proprio territorio. Tuttavia, una forte componente dei ragazzi ha dimostrato di preferire il digitale che, però, se da un lato agevola le attività di ricerca “accorciando le distanze”, dall’altro rischia di “impigrire le menti” che vengono meno stimolate rispetto ad un percorso esperienziale di visita reale, decisamente più coinvolgente.
L’obiettivo pedagogico nell’educazione al patrimonio, quindi, è quello dell’“edificazione di una coscienza civica collettiva” (Cimoli, 2020, p. 259).
Secondo A. C. Cimoli (ibidem), chi insegna storia dell’arte o materie affini si deve impegnare ad evidenziare i processi di formazione delle società, ritenendo che i musei (e noi ci sentiamo di includere anche i musei diffusi e le realtà monumentali archeologiche) devono diventare “luoghi di educazione civica, di debating, di formazione di una coscienza politica”.
La partecipazione attiva degli studenti alla conoscenza del territorio, con attività in cui essi stessi siano direttamente coinvolti anche attraverso visite in situ, può consentire di includere in simili progetti anche gli enti territoriali già preposti alla tutela. La finalità, infatti, è quella di superare la “chiusura della prospettiva educativa dentro le mura dell’istituzione scolastica” o dei rispettivi luoghi dell’educazione, e promuovere l’allargamento della responsabilità pedagogica all’intera comunità territoriale, ossia a tutti quei soggetti che vi appartengono e a vario titolo hanno compiti educativi (Zamengo e Valenzano, 2018, p. 357).
Note
[1] Tra cui quello sul riconoscimento dell’importanza dell’inclusività, della sostenibilità e della partecipazione comunitaria, acquisite nella nuova definizione dei musei approvata il 24 agosto 2022 dall’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM a Praga.
[2] Il Programma Comunitario Socrates ha sostenuto diversi progetti a sostegno dell’educazione permanente attraverso i musei: AEM Adult Education and the Museum, NEMO Network of European Museum Organisations e MUMAE Museum and Lifelong Learning (Grassi, 2015, p. 11).
[3] Si pensi anche all’approccio dell’Universal Design for Learning, ossia un metodo che serve a migliorare l'esperienza educativa di tutti gli alunni; infatti, l’UDL implica l’uso di metodi più flessibili di insegnamento e valutazione, dando vita a lezioni inclusive per garantire che tutti gli studenti possano accedere e partecipare a opportunità di apprendimento significative e stimolanti (CAST, 2018).
[4] M. Bressan (2016) riferisce anche come in seguito si sia proceduto alla definizione della normativa con le “Linee guida per la costituzione e la valorizzazione dei parchi archeologici”, secondo le quali un parco archeologico può essere un luogo dai confini precisi, ma anche un aggregato di luoghi archeologici puntuali, il cui legame, in un contesto extra-urbano, è il paesaggio naturale e, in un contesto urbano, la città attuale, con la sua edilizia urbana.
[5] R. Laporta (1979) definisce “comunità educante” quel sistema caratterizzato da strutture organizzative nate e portate avanti dai cittadini.
[6] Tratto dal testo dell’art. 32 dell’ultimo contratto collettivo del comparto scuola, che conferma la configurazione della scuola come comunità educante di cui sono parte integrante il dirigente scolastico, il personale docente e educativo, il DSGA e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, le famiglie e gli alunni e gli studenti.
[7] Si è evidenziato, inoltre, come il problema dell’incuria e del degrado dei monumenti di Roma rappresenti solo una parte del pericolo in cui incorrono tali realtà monumentali e archeologiche: basti pensare alla furia iconoclasta di certi estremismi culturali che spesso ha preso di mira importanti aree archeologiche (Devoti e Naretto, 2017, p. 143), tra queste, si vedano le più recenti testimonianze in Siria o, più in generale, la realtà delle guerre che hanno messo e continuano a mettere in pericolo il patrimonio culturale del mondo.
[8] A Roma il progetto Museo Diffusi: a dicembre passeggiate storico-culturali gratuite e
per tutti, in "Touring Club Italiano", 14 dicembre 2022; url: https://www.touringclub.it/news/a-roma-il-progetto-museo-diffusi-a-dicembre-passeggiate-storico-culturali-gratuite-e-per-tutti.
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L'autrice
Rosangela Ungaro è insegnante di ruolo di Storia dell’Arte nella scuola secondaria di II grado e docente specializzata sul sostegno didattico per alunni con disabilità per la scuola secondaria di II grado. La sua attività di ricerca si è rivolta principalmente all’archeologia e all’arte antica ma recentemente è orientata all’approfondimento di tematiche legate alle metodologie didattiche e ai processi formativi.