Sistemi di regole come ambienti educativi | Systems of rules as educational environments

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Le emergenze cambiano le regole. Questo è normale e necessario (e personalmente rientro fra le persone che pensano che in questa fase ci sarebbe potuta andare molto peggio). Per superare questa crisi è necessario il rispetto delle regole, da parte di tutti. Le regole, però, soprattutto quelle maturate e imposte in tempi brevi e di crisi, semplificano: per adattarsi a tutte le situazioni in maniera gestibile (semplice) rischiano di essere grezze, approssimative. Alcune delle attuali regole, quindi, possono non convincerci granché. Può avere senso non rispettarle? Non mi pare: non solo perché di regole, in questo momento (e sempre) c’è bisogno e perché noi, vivendo nel nostro mondo, abbiamo implicitamente accettato di condividerle per il bene di tutti, ma anche perché non credo che il modo migliore per uscire da alcune grandi trappole di questo periodo passi per l’opposizione (pro e contro, buoni e cattivi, legalisti e illegali…).

Allora mi viene da pensare a questa crisi e alle sue regole dai due angoli da cui sono abituata a guardare: da educatrice e da autrice di giochi.

Comincerei col dire che possiamo pensare un sistema di regole anche come una narrazione, una metafora: come nei giochi, definendo le regole creiamo un mondo, che mette in evidenza alcune cose e ne oscura altre, che definisce valori e priorità.

Con le regole attuali (che, ripeto, mi sembrano uno dei migliori compromessi possibili tra necessità e ragionevolezza) stiamo raccontando un mondo che qualche stortura sembra averla: diciamo, infatti, che le relazioni non hanno valore se non sono di sangue o formalizzate; diciamo che i bambini possono restare chiusi in casa più degli altri; che le donne possono badare ai bambini a casa e che non fanno parte degli eletti a fare le regole (!); che la scuola si può fare anche (ugualmente!?) a distanza; che alcune attività sono più importanti perché producono; che non potendo garantire sicurezza sui mezzi pubblici, possiamo usare più di prima le macchine… Queste regole – che servono e funzionano anche grazie a queste semplificazioni – rischiano di consolidare l’immagine di un mondo che non ci piace; la narrazione prodotta dalle regole attuali risulta ancora meno accettabile, visto che sembra andare nella direzione di riproporre e rinforzare proprio le storture che hanno favorito lo sviluppo di questa crisi (consumo e profitto al primo posto, scarso rispetto ambientale, poca attenzione alle fragilità, disparità…).

Detta così sembra che io intenda rifiutare questo sistema di regole, ma non è così, lo dicevo. Ne capisco la necessità e il senso, pur nei limiti. Vorrei però provare a inquadrarlo, mettendo altre regole accanto alle presenti, per restituire peso e senso anche ad altro.

I sistemi di regole raccontano, dicevamo. E i sistemi di regole educano. Quel che stiamo vivendo adesso, con le sue norme straordinarie, ci sta educando. Educa i nostri bambini e ragazzi e pure noi adulti.

Quindi, se non mi pare opportuno rifiutare le regole attuali, mi pare però necessario ridisegnare, almeno dal punto di vista educativo e della rappresentazione, il mondo che tali regole definiscono. Per fare in modo che, a fine crisi, non restino nel nostro immaginario e nel nostro modo di vivere brutte e indelebili cicatrici.

Molti di noi, nella loro vita di relazione, nel loro lavoro, si trovano a definire micro-sistemi di regole: potremmo provare a lavorare su quelli. A reinventare, nel piccolo delle nostre comunità domestiche, amicali, lavorative, sistemi di regole basati su attenzione, cura, parità, rispetto, degli altri, di noi stessi e dell’ambiente: darci nuove regole per mettere una nuova cornice al mondo, decisa e disegnata da noi!

Regole di comunità: classi e scuole

Scuole e classi sono micro-comunità che sicuramente avranno bisogno di reinventare sistemi di regole che rendano più accettabili e funzionali (oltre che, ovviamente, più personali e adatte) le regole “dall’alto”.

Comunque proceda la situazione e qualsiasi saranno le regole ministeriali per fare scuola nei prossimi mesi, si tratterà di regole difficili, probabilmente attuabili in parte, in alcuni contesti più che in altri. Insomma, sarà davvero necessario dare modo a bambini, ragazzi, insegnanti, di creare i loro sistemi di regole, per gestire, modellare, trasformare, le regole generali.

È la prima cosa che mi pare sia opportuno fare: darsi modo, con le classi, di discutere su come riorganizzarsi, tirando fuori le nostre regole per stare bene (o almeno meglio possibile) nella situazione attuale; in modo che ognuno possa proporre regole che gli sembrano importanti, non solo per trovarsi a proprio agio nella scuola presente, ma anche per ripensare e costruire una scuola futura.

Regole per gli spazi di lavoro, per i tempi, per le interazioni. Ma anche regole utopiche, regole fantastiche, regole di bellezza, collaborazione, cura e serenità. Inventate insieme, classe per classe, scuola per scuola. E magari, un giorno, messe insieme, confrontate e mandate al ministero.

Pensando poi a chi crea sistemi di regole più complessi, coerenti, diffusi, non possono non venirmi in mente i programmatori e gli ambienti di relazione creati in rete: i social, che sono particolari ambienti definiti da regole imperfette su cui mi pare si potrebbe (adesso più ancora del solito) lavorare per ridefinire, dal basso, nuove regole d’uso. Regole che ci permettano di rovesciare gli assunti della progettazione, per ricostruire nuovi modi di relazione e comunicazione.

Regole d'uso: i social

Una comunicazione non oppositiva – se Facebook ci invita implicitamente a comunicare e risponderci semplificando e di pancia (mi piace – che risate – che rabbia), favorendo una modalità di discussione basata su opposizioni e schieramenti, diamoci come nuova regola il dialogo accogliente. Quando leggiamo una dichiarazione proviamo a rispondere con un “si, però…”, sempre, sia quando siamo in sintonia con quel che leggiamo, sia quando siamo in disaccordo. Prendiamolo come gioco e come esercizio! Si, però… vuol dire rispondere sia accogliendo come possibile e degna di ascolto l’affermazione dell’altro, sia mettendola in discussione, o meglio prospettando un punto di vista – magari lievemente – differente. Per arricchire nel dialogo noi stessi e le persone con cui dialoghiamo. Perché la complessità non può essere esplorata con gli schieramenti e perché le crisi si affrontano e superano solo tenendo insieme punti di vista e realtà diverse e contrapposte. Se non possiamo cambiare il programma e gli algoritmi (che sono un sistema di regole fuori dalla nostra portata), cambiamo il nostro modo di usarli.

E veniamo agli educatori e agli inventori di giochi. Inventare giochi è un magnifico sistema per creare mondi e per regolarli. Lo facciamo tutti, o almeno tutti, in qualche momento della nostra storia, lo abbiamo fatto. Quindi, in un certo senso, tutti lo sappiamo fare e possiamo provare a farlo adesso. I sistemi di regole che governano i giochi che creiamo possono essere più o meno complessi, più o meno ricchi, più o meno belli, ma qui non è questo il punto. L’importante è che le regole dei nostri giochi, adesso, rispondano ai nostri bisogni e disegnino il nostro mondo.

Le regole del gioco

Il gioco di inventare giochi! Proviamo a creare mondi e sistemi di regole per stare bene. Nei vincoli più o meno stretti imposti dalle regole nazionali/regionali/comunali, inventiamo i nostri giochi. Lasciamo in particolare che siano i bambini a inventare dei nuovi giochi dentro alle condizioni attuali (con le distanze, negli spazi, con le cose e le case che hanno a disposizione). Le condizioni e le regole esterne usiamole come vincoli creativi. E inventiamo regole per sfruttare i vincoli a nostro vantaggio, per sfidarli, superarli, divertirci! I bambini lo sanno fare e se daremo loro il modo lo faranno (magari insegnandoci qualcosa). E faremmo bene a provarci anche noi. E, ovviamente, non mi riferisco all’uso massiccio delle “cose a distanza” (videoconferenze, aperitivi social, webinar – che stanno proliferando e sono ragionevoli tentativi di non abbandonarsi, ma non giochi, non sistemi nuovi di regole, non occasioni di attivazione e vicinanza). Penso a giochi veri, giochi che ci coinvolgano, che mettano in campo la nostra creatività la nostra intelligenza, le nostre relazioni. Che abbiano regole precise e che ci portino fuori dalle regole abituali.

Inventiamo giochi e regole che rispondano davvero ai nostri bisogni e ai nostri desideri. Partiamo proprio da lì: cosa vorrei profondamente che accadesse oggi, con (meglio “con” che “nonostante”) queste regole generali? Io, ad esempio, vorrei finalmente vedere della strategia oltre la tattica delle risposte alla crisi (e della politica degli ultimi anni). Ora più che mai dovremmo pensare strategicamente e con fantasia: si può cambiare “bene” il mondo solo se si guarda molto avanti e si punta molto in alto! Dobbiamo capire cosa non funziona, cosa non ha funzionato. E immaginare un sistema di vita e di pensiero diverso. Per immaginare il futuro possiamo provare a raccontarlo o rappresentarlo, usando qualsiasi regola di invenzione di storie. E ora vado a inventare la mia.

 

Flaminia Brasini è autrice di giochi da tavolo strategici pubblicati, tra il 2006 e il 2020, da alcune fra le maggiori case editrici del settore, in Italia e all’estero. È presidente della cooperativa ConUnGioco Onlus, che sviluppa progetti educativi e di comunicazione con i giochi. Negli ultimi 10 anni ha progettato e realizzato percorsi di educazione al rischio naturale con il progetto Edurisk, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

 

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