Quando la formazione è in grado di orientare: l’esempio di un percorso | IFTS When formation is capable of orienting: the example of a IFTS course
DOI: 10.5281/zenodo.8154314 | PDF | Educazione Aperta 13/2023
The formative experience that we present has been built in the belief that impacting with determination on our own training can increase the quality of personal and professional life, thanks to a deeper awareness of ourselves and our own aspirations.
The training started in the a.s. 21-22, within the wider offer of the Higher Technical Education and Training (IFTS in italian) for Technician for the promotion of the typical products of the territory and gastronomic tradition, and it is organized by IAL Emilia-Romagna in Castelfranco Emilia (MO). The route of 800 hours is aimed at young people and adults, non- employed or employed, and the detailed Training Unit (UF in Italian) was built for twenty hours in the classroom and on a further block resulting from having chosen to dedicate one hour to each student to provide individual educational advice.
The experience is brought back to the attention of the scientific community as the training module appears to be used in a transversal way on each training course with young and adult targets. It is distinguished, in fact, by its orientation character, strongly suited to the awareness of the subject; furthermore, thanks to its brevity, it becomes a suitable module to be inserted flexibly in the mount hours available, also in cases where there is a need to integrate the training pathways with guidance modules, because of the close link between this and training (Messuri, 2009).
The structured training educates the trainee to ask questions rather than to seek answers and encourages the acquisition of entrepreneurial skills and self-orientation.
Keywords: education; orientation; autobiography; awareness.
1. Introduzione[1]
Il dispositivo dell’orientamento può fornire un contributo significativo alle scienze umane, vale a dire la possibilità di identificare capacità e punti di forza di ciascuno, elementi in grado di rendere il soggetto unico e insostituibile. Queste qualità, acquisite non solo nei contesti formativi formali ma anche in quelli non formali e informali, non sono sempre note alla persona stessa, tanto che è necessario portare a coscienza questi elementi per averli disponibili e spendibili (Gallo e Boerchi, 2011). Diverse scienze si sono poste questo obiettivo, quali la psicologia, la pedagogia, il counseling, le neuroscienze. Questo contributo scientifico, alla luce di tali premesse, si interroga sulla possibilità di attribuire questo ruolo anche ai percorsi di formazione professionale, soprattutto se sono costruiti in modo da formare piuttosto che conformare e istruire piuttosto che omologare (Fabbri, 2021).
La scelta, in primo luogo, è legata al fatto che le competenze trasmesse in un corso IFTS – e messe a fuoco intervenendo sulla consapevolezza e sulla conoscenza di sé – possono essere riconosciute a livello europeo per favorire la mobilità lavorativa e mettere le basi per il conseguimento di ulteriori esperienze formative (Commissione delle Comunità europee, 2000). Si tratta di un sistema integrato di certificazione, valido non solo per la prosecuzione della formazione a livello accademico, grazie alla conversione delle competenze acquisite in relativi crediti formativi universitari, ma anche per il riconoscimento di qualifiche professionali di II livello certificate dalle Regioni.
Il secondo ordine di ragioni, che giustifica l’attenzione alla formazione professionale, è rappresentato dall’onere che si devono assumere tutte le agenzie formative – e il mondo della formazione professionale in modo particolare – vale a dire lo svolgere una funzione strategica nell’essere in grado di dotare di capacità e conoscenze richieste dal mondo del lavoro gli studenti che hanno concluso un percorso di studi (Butera, 2017).
Per dare risposta ai bisogni appena descritti, dall’iter formativo successivamente presentato emergerà una connotazione specifica della formazione stessa, che si servirà del dispositivo dell’orientamento pedagogico per puntare alla costruzione di consapevolezze e allo sviluppo di autonomia (Boffo, 2014). La consapevolezza, portando alla luce competenze non focalizzate, permette di far riflettere su queste nuove dimensioni, che possono rappresentare il bagaglio di potenzialità della persona. Per arrivare alla vera conoscenza di sé è necessaria la promozione di un sapere che richiede un continuo sforzo di apprendimento, processualità e reticolarità. Il formatore in grado di condurre questa formazione sarà un consulente educativo con competenze di counseling di ispirazione comportamentista, grazie alla caratteristica, propria di questo approccio, di supportare la persona nel raggiungimento dei propri obiettivi personali e professionali, rimpiazzando le azioni non produttive con quelle produttive, quindi con un intervento molto pragmatico (May, 1991).
Il progetto formativo messo a punto è stato sperimentato in un percorso preesistente, pensato per favorire l’inserimento professionale dopo la scuola secondaria. Si tratta del percorso di Istruzione e Formazione di Tecnico Superiore (IFTS), gratuito e destinato a giovani e adulti, occupati e non, in possesso del diploma di scuola secondaria superiore o in possesso dell’ammissione al quinto anno dei percorsi liceali o, ancora, in possesso del diploma professionale di tecnico. Potrebbero essere coinvolti anche coloro che non sono in possesso del diploma di scuola secondaria superiore, previo accreditamento delle competenze acquisite in precedenti percorsi di istruzione, formazione e lavoro, successivi all’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Al termine del percorso si consegue un certificato di specializzazione tecnica superiore in “Tecniche di progettazione e realizzazione di processi artigianali e di trasformazione agroalimentare con produzioni tipiche del territorio e della tradizione enogastronomica”. La figura formata conosce le caratteristiche dei prodotti regionali DOP e IGP e promuove e diffonde la cultura della tradizione enogastronomica regionale in Italia e all’estero attraverso la conoscenza del territorio di riferimento, delle attrazioni turistiche, degli eventi culturali e di quelli ricreativi. Inoltre, conosce la filiera produttiva dei servizi ristorativi e ricettivi a livello di servizio, approvvigionamento e rapporti con i fornitori. Infine, possiede conoscenze specifiche di marketing legate ai nuovi mezzi di diffusione – social marketing – con particolare riferimento ai più noti social network (IAL Emilia-Romagna, 2021).
La sperimentazione del modulo di formazione qui presentato è stata inserita all’interno di questo percorso in quanto i corsi IFTS, generalmente, hanno una durata variabile da 800 a 1000 ore e sono strutturati per moduli e UFC (Unità Formative Capitalizzabili). Questa struttura consente ai partecipanti una personalizzazione del percorso, operando scelte sulla base delle competenze possedute e delle esigenze formative avvertite. Il monte ore è suddiviso tra formazione d’aula teorico-pratica e attività di tirocinio, di carattere esclusivamente pratico.
La previsione del counseling individuale ha consentito di personalizzare e individualizzare l’intervento formativo, consentendo al formatore di concentrarsi in maniera attenta e focalizzata sul suo interlocutore (opzione possibile soprattutto nella relazione uno a uno). La consulenza educativa consente uno scambio libero e autentico all’interno di una relazione generosa e intima, concepita come cura del soggetto in formazione (De Natale, Simonetti e Gargiulo Labriola, 2015). Sarà possibile riflettere sulle aspettative con cui ci si è avvicinati al percorso formativo e su come, eventualmente, le idee si sono evolute durante la partecipazione alle attività proposte, fino ad arrivare agli effetti provati al termine della sperimentazione. La relazione di counseling qui proposta ha permesso non solo un orientamento al futuro ma anche un orientamento al presente, dando la possibilità di riflettere in maniera consapevole su quello che si è. Insieme al consulente educativo lo studente in formazione si prefigura le migliori prospettive occupazionali e di tirocinio che vede per sé e che ritiene in linea con esigenze attitudinali e motivazionali, oltre che collegate alle opportunità presenti nel contesto di riferimento.
Le metodologie utilizzate per la realizzazione del modulo formativo sono l’analisi narrativa applicata al curriculum vitae, la video presentazione di sé, il confronto costruttivo negli scambi comunicativi (realizzato attraverso l’ascolto attivo e il dialogo), l’osservazione partecipata e il diario di bordo del docente. La consulenza educativa individuale, invece, ha visto l’uso della metodologia narrativa declinata nell’autobiografia e l’impiego del colloquio strategico nella consulenza educativa.
Al termine del percorso ogni frequentante riceve un attestato finale spendibile in ambito nazionale, che attesta il conseguimento di una qualifica professionale della Regione (Attestato di Qualifica a livello nazionale – Certificato di specializzazione tecnica superiore).
Un modulo formativo così concepito è spendibile su tutti i corsi IFTS perché contiene stimoli utili a prescindere dalle professionalità formate ed è particolarmente indicato per essere inserito all’interno dell’unità formativa dedicata all’orientamento. Inoltre, se si intende essere incisivi sul piano della consapevolezza, è opportuno utilizzare questo modulo nel primo periodo di formazione, in quanto le consapevolezze acquisite attraverso le attività di presa di coscienza proposte mettono il formando nella condizione di esprimere adeguatamente quelle che ritiene essere le proprie abilità e quanto ha maturato nel tempo a livello di competenze e interrogarsi in maniera riflessiva sulla loro validità (Dewey, 1973).
Quando si pensa alla formazione professionale il campo di intervento è da intendersi esteso al mondo degli adulti. L’apprendimento adulto presenta peculiarità che lo distinguono da quello che si verifica in altre fasce d’età. La formazione proposta deve essere collegata alla motivazione intrinseca piuttosto che a quella estrinseca e la ricaduta sull’applicazione professionale deve essere evidente (Knowles, 1996). La formazione degli adulti trae vantaggio dall’invitare i formandi a leggere le attività proposte con l’obiettivo di rintracciarvi una continuità con le esperienze professionali e i vissuti personali, fino a scoprire che l’aver maturato esperienze pregresse anche in ambiti informali e non formali offre il vantaggio di poter qualificare in maniera più adeguata e complessa le nuove acquisizioni divenendone attivi costruttori (Bracci, 2017). Con la nuova presa di coscienza può anche verificarsi che si decida di non proseguire più sulla linea già solcata ma di allontanarsi da ciò che non si desidera più per sé, potendolo fare con la forza della consapevolezza adulta dei propri bisogni e del loro naturale declinarsi (Sacchi, 2008). Gli adulti, soprattutto quando decidono di intraprendere un iter formativo dopo che hanno sperimentato la precarietà delle transizioni professionali e la difficoltà del reinserimento professionale, hanno sviluppato sensazioni di disagio per essere stati a lungo lontani dalla vita sociale (di cui il lavoro rappresenta elemento significativo). In questo caso le persone dovranno riscoprire le competenze utili alla cittadinanza contemporanea (Morin, 2015). Questo modulo, per le caratteristiche descritte, può essere inserito in tutti i corsi di formazione per adulti.
2. Obiettivi e strategie formative
Le attività previste all’interno del modulo formativo descritto ben si adattano all’esigenza di una formazione percepita come partecipata, con un grande coinvolgimento dei corsisti che devono potersi sentire i veri protagonisti dell’azione proposta e concepire effettiva la responsabilità nel rendere fruttuosa la loro presenza. Le nozioni così acquisite, a seguito di un opportuno processo di maturazione, potranno più facilmente trasformarsi in competenze necessarie per la vita personale e professionale (Batini e Giusti, 2008). Un esempio di come la formazione è stata resa partecipata è rappresentato dal lavoro che è stato fatto sui processi per apprendere che, oltre che esplicitati nelle esercitazioni legate allo sviluppo delle competenze, sono stati anche affrontati a livello teorico, in particolare in quelle parti del modulo in cui sono stati spiegata la neuroplasticità e i cambiamenti neuronali, con particolare riferimento al ruolo dei neuroni specchio nell’apprendimento e nella modificazione del comportamento (Rizzolatti e Sinigaglia, 2006).
Il lavoro sulla consapevolezza del soggetto rende il modulo formativo attento all’orientamento. Nello specifico sono state elaborate particolari strategie per promuovere la costruzione dell’identità professionale, nella consapevolezza che il lavoro rappresenta un’opportunità di sviluppo per il soggetto. Anche le attività orientate a definire la propria professionalità fanno leva sulle competenze: si pensi, ad esempio, alla competenza personale, finalizzata all’attenzione al proprio sapere, saper fare e saper essere, e alla competenza relazionale, che punta alla costruzione di relazioni efficaci, sfruttando in maniera adeguata il canale del verbale, del non verbale e del paraverbale. L’assertività, altra competenza considerata strategica in questo discorso, è stata proposta mediante la sua stessa pratica quotidiana, in quanto esercizio considerato più utile della mera applicazione di strategie e tecniche. Essere assertivi aumenta la consapevolezza che si ha di se stessi e l’abilità nel comunicare i propri pensieri e i propri sentimenti (Montesarchio, 2019). Infine, le competenze di auto orientamento, di cui si è detto, associate a quelle appena descritte, aprono la porta all’autoimprenditorialità, intesa come la capacità di tutelare la propria carriera puntando ad essere imprenditori di se stessi e promuovendo il proprio benessere grazie alla capacità di saper orientare la vita al futuro. Le persone competenti sui piani appena descritti saranno professionisti in grado di mantenere con costanza le posizioni lavorative indicate per loro e riescono a rendersi insostituibili nel proprio lavoro. Il lavoratore, felice nel ricoprire un ruolo professionale nel quale si sente completamente a suo agio, anche in termini di soddisfazioni ricevute, diventa la risorsa ideale per quella posizione (Giannandrea e Ferraro, 2018).
Per essere efficace la relazione formativa dovrà essere buona da un punto di vista qualitativo, attenta rispetto alla dimensione emotiva e strategica sul versante comunicativo. Il formatore si adopererà per creare un clima di fiducia e assenza di giudizio e costruire una situazione protetta, che consenta alle persone di mettersi in gioco (Messuri, 2012). Questi elementi, tipici degli iter formativi in generale, assumono valore aggiunto nella formazione professionale.
Un iter di formazione è considerato adeguato viatico per arrivare ad essere professionisti felici e soddisfatti, oltre che adeguati sul piano professionale, ma è opportuno comprendere come declinare la formazione affinché riesca a soddisfare questo obiettivo. In linea generale si può far riferimento a teorie accreditate sul tema, ad esempio ricordando John Dewey, che già nella prima metà del XX secolo ha messo in evidenza il ruolo dell’esperienza nel coltivare la propria individualità. L’esperienza deve essere collegata alla formazione, nel senso che i percorsi formativi vanno impostati attraverso la previsione di momenti esperienziali. L’esperienza formativa deve anche essere interattiva, democratica e in continuità rispetto alle esperienze precedenti (Dewey, 1938).
L’esperienza di formazione così intesa può diventare la metafora di un momento di passaggio e di cambiamento che inviti a porsi domande più che a cercare risposte (Milella, 2021), che consenta di sperimentare l’introspezione e l’analisi suggerendo comportamenti che portino alla scoperta delle relative competenze e che consenta di sperimentare momenti di orientamento di sé. Questo insieme rappresenta la parte più originale dell’iter formativo in quanto dà contezza dell’applicabilità dell’ipotesi da cui siamo partiti, ovvero l’introduzione di un particolare modulo di orientamento e di uno specifico intervento di consulenza individuale.
Il lavoro sulle competenze inteso in questo contributo scientifico è collegato sia al modulo di orientamento, aggiunto al tradizionale piano formativo dell’IFTS, sia alle ore di consulenza individuale. Nel primo caso le attività proposte hanno consentito di sviluppare nuove competenze, che vanno ad arricchire la cassetta degli attrezzi di chi impara ad auto orientarsi (Marostica, 2010); nel secondo caso, invece, la sfida è stata piuttosto quella di aiutare i formandi a prendere atto delle competenze che già posseggono. In questa ottica la formazione professionale non si pone solo l’obiettivo di dare forma trasformando se stessi quanto, ancora di più, dare forma arrivando a se stessi (Mezirow, 2003). In particolare, per facilitare l’autoriflessione promuovendo, contemporaneamente, un lavoro sulle competenze, nel modulo formativo sono state proposte, tra le altre, attività relative all'analisi delle otto competenze chiave europee per l’apprendimento permanente, presentate nella Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 (Consiglio dell’Unione europea, 2018). In questo senso è stato chiesto alla persona in formazione quali competenze riconosce di possedere e quali possano essere utilmente applicate a livello lavorativo per essere più competitivi. Sempre nell’ottica di dare continuità alla presa di coscienza da parte del formando è stata proposta l’attività di ragionare sul tema della virtù – oggetto del programma di formazione – secondo l’ottica della psicologia umanistica, con riferimento alle high six (Peterson e Seligman, 2004). Ancora una volta lo studente individua tra quelle indicate le potenzialità in cui si riconosce di più e che ritrova nella propria vita, ma riflette anche su quelle che, pur appartenendogli, non hanno avuto spazio nel suo quotidiano per impedimenti di varia natura. Il gruppo classe fa da specchio per rilevare eventuali incongruenze tra quanto percepito dal soggetto e quanto da lui manifestato all’esterno. Ultimo esempio di questa tipologia di attività è costituito dalla proposta di un percorso che consente a ciascuno di rivivere la propria esperienza scolastico-formativa con la forza del pensiero e del ricordo, mettendo l’accento sulle competenze possedute e pensando all’iter appena trascorso concepito come un continuum di occasioni di apprendimento, che non si determinano solo nel contesto formale ma anche in quelli informali e non formali.
La persona auto orientata, grazie alla consapevolezza di sé e delle proprie aspirazioni, interviene direttamente sulla qualità della propria vita e incide sulla propria formazione. Questa persona è in grado di sapere di cosa ha bisogno, in termini di conoscenze e competenze, per raggiungere i propri obiettivi personali e professionali e sceglie il percorso formativo in base a queste informazioni (Vulcano, 2005). Tale formazione è funzionale perché porta a scelte realizzabili ma anche rispondenti ai desiderata del formando. Solo colui che si conosce in maniera adeguata sa immaginare per se stesso la previsione di obiettivi alla propria portata, che non siano tanto ambiziosi da rischiare di generare frustrazione perché non raggiunti, ma che non siano neppure troppo tarati verso il basso (nel qual caso rischierebbero di svilirlo). L’equilibrio tra conoscenza di sé e formulazione dei propri obiettivi personali e professionali consente di vivere meglio. In sintesi, si può sostenere che le scelte formative sono sostanziate dall’orientamento (Guglielmi e Chiesa, 2021) quando il dispositivo consente di leggere i propri obiettivi personali e professionali. La persona così orientata è complessivamente soddisfatta.
La consapevolezza descritta si collega al proprio progetto di vita, che abbraccia sia la sfera personale che quella professionale e che rende la persona consapevole rispetto al punto di partenza, il percorso realizzato, il punto di arrivo. Anche il progetto di vita è tanto più chiaro quanto più una persona è autorientata (Friso e Caldin, 2022). Il proprio progetto di vita potrebbe anche essere interessato da momenti di passaggio, interruzioni e incidenti di percorso, che vanno opportunamente gestiti per evitare che il progetto diventi irrealizzabile. In questo senso si può lavorare per acquisire competenze che consentono di riconoscere i momenti di transizione, focalizzarli ed esaminarli affinché siano trasformati in processi gestiti piuttosto che subìti: la persona competente nella gestione delle difficoltà sarà in grado di avviare una fase di esplorazione di altri contesti sociali e professionali, dimostrando di sapersi districare in quei mondi e di potervi approdare se il vecchio contesto professionale non le è più funzionale. L’obiettivo sarà quello di dare una risposta efficace alla necessità di cambiamento che si è determinata (Messuri, 2009). In questi casi gli adulti decidono di formarsi per promuovere la riqualificazione di sé e, perciò, avranno bisogno di una formazione realmente professionalizzante, che trasmetta conoscenze che trovano immediata e consapevole applicazione per trasformarsi inevitabilmente in competenze.
3. Dispositivi di riflessione e orientamento
Come strumento di racconto di sé finalizzato all’auto orientamento è stato scelto il curriculum vitae, un dispositivo utilizzato per interrogarsi su ciò che di se stessi è opportuno rendere pubblico ma anche su cosa è meglio evitare di sponsorizzare. Il tentativo, sul piano formativo, è quello di mettere in evidenza i propri punti di forza ma anche di imparare a padroneggiare ciò che non si vuole mettere in evidenza. Le hard skills e le soft skills sono analizzate e associate alle caratteristiche degli studenti, per considerare l’opportunità di rivedere la compilazione del curriculum stesso. La persona potrebbe sentirsi non del tutto rappresentata dal curriculum vitae in quanto tale se non lo sostanzia con considerazioni consapevoli e ragionate, che avranno anche il vantaggio di rendere il documento poco standardizzato. L’attività preliminare prevede perciò la raccolta della documentazione, nella quale il formatore riceve i curricula vitae dei partecipanti e li esamina con un’analisi comunicativa e narrativa (Cacciatori, 1990). L’obiettivo era individuare alcune specifiche e peculiarità dei partecipanti, prestando particolare attenzione al modo in cui ciascuno aveva scelto di raccontarsi a fronte anche di una seconda consegna ricevuta, ovvero presentarsi in una video presentazione di breve durata, dalla quale doveva emergere in maniera chiara il senso del corso per come era percepito. Attraverso la creazione della presentazione di sé lo studente è portato a fare valutazioni sugli elementi che meglio lo definiscono e ai quali riconosce maggior valore. La video presentazione sarà oggetto di scambio e di riflessione tra lo studente e il consulente orientativo in una seconda fase nella quale il formando sarà invitato a riflettere sulle sensazioni provate nel produrla e su quelle scaturite dalla visione del prodotto in un momento successivo, con particolare riferimento agli elementi di disagio emersi e alle strategie da mettere in atto per migliorarsi. La consapevolezza rispetto a questi elementi consentirà a ciascuno di conoscersi meglio e di essere consapevole rispetto a quello che si mostra di sé, acquisendo la capacità di gestire la propria intenzionalità nel proporsi nel contesto relazionale e professionale e sollecitare così la competenza valutativa (Montalbetti, 2020).
Le informazioni raccolte hanno rappresentato un punto di partenza per inserire il gruppo classe nelle attività formative previste, mentre a concludere l’esperienza è stato previsto un elemento particolarmente originale del percorso formativo, l’autobiografia, una forma di narrazione squisitamente dedicata al soggetto che attinge dalla metodologia narrativa, intesa come uno specifico approccio di indagine alla persona ed espressione di essa (Demetrio, 2017). L’autobiografia consente di collocare i propri vissuti di fronte a se stesso e, attraverso la narrazione, di mettere a fuoco l’interazione che esiste tra detti vissuti, che si connotano come situazione di esperienza formativa (Bracci, 2017). Tale metodologia si inserisce nel percorso formativo dell’adulto, nella misura in cui il bambino e l’adolescente non sanno collegare tra loro le esperienze che danno forma a ogni autobiografia e non hanno la capacità di stabilire nessi, concordanze e coincidenze (queste abilità, infatti, si apprendono molto più avanti negli anni) (Demetrio, 1995).
Nella presentazione dell’autobiografia si considera il metodo narrativo per la sua valenza pedagogica, dal momento che favorisce la costruzione di una riflessione che connota i vissuti e li orienta verso la loro validità nel presente e la strutturazione di un piano di azione che ne tenga conto per una proiezione nel futuro (Cambi, 2010). Il soggetto, infatti, rifletterà sulle scelte di un tempo e sulle competenze possedute che hanno permesso quelle scelte, facendo collegamenti tra passato, presente e futuro. Alcune scelte sono ancora valide, quindi sono rimaste collegate al presente, e, probabilmente, hanno resistito in quanto in linea con il modo di sentire della persona. Altre, invece, sono state fatte rispondendo a meccanismi latenti, presenti in ciascuno di noi, che quando non opportunamente riconosciuti e contemplati rischiano di far intraprendere strade poco in linea con quello che si sente di essere; di quelle scelte ci si è pentiti, oppure sono state subìte piuttosto che vissute, lasciando sensazioni negative nella persona.
Nella narrazione si individua anche una valenza orientativa in quanto si tratta di uno strumento di accesso a sé al quale poter tornare più volte nella vita: in questo senso la narrazione esprime le valenze (auto)apprenditive e (auto)formative che le appartengono e può rassicurare il proprio sé, che riflettendosi dentro il racconto avviato e portato avanti può processualmente ritrovare le radici di sé e della propria vicenda, che è poi vicenda interiore e di storia di vita, così come essa è andata dipanandosi, provando in ciò un senso di permanenza integrata e coerente (De Rossi e Petrucco, 2018).
Al termine del percorso di formazione, quindi, nell’attesa di incontrare il consulente educativo per la propria sessione individuale, gli allievi sono chiamati a produrre la propria autobiografia fotografica in dieci scatti, corredati di didascalia testuale, con la quale raccontare la propria vita attraverso le tappe più significative (passato-presente-futuro). Gli studenti sono proprio messi in condizione di comprendere il ruolo del compito assegnato loro, conoscendo la funzione dell’autobiografia narrativa nel percorso formativo del soggetto adulto e, prima ancora, nella conoscenza e cura di sé, nell’idea che “le molteplici articolazioni delle associazioni, evocazioni e tutto quello che dà spessore, senso e intensità alle operazioni di creatività narrativa, rendano possibile riorganizzare, emotivamente e cognitivamente, la storia e le risorse personali” (Rossi, 2009).
La fotografia, in associazione alla metodologia autobiografica, rende l’introspezione maggiormente accessibile. La sinergia tra parola e immagine, infatti, è in grado di portare in superficie sentimenti, emozioni, memorie e credenze in maniera più diretta e immediata. La fotografia, con il suo essere concreta, ferma nel tempo ma anche così sensibile alla lettura del momento, può consentire di riconoscere, finanche di disinnescare, dinamiche pregiudiziali che il soggetto in formazione applica a se stesso. Tra i frame che fornisce una fotografia e i ricordi che selezioniamo dalla nostra memoria è possibile scorgere una certa analogia: sono entrambi apparentemente immutabili, come fossero diapositive, e a renderli significativi sono l’interpretazione che ne diamo e il significato che abbiamo bisogno assumano nel momento in cui li portiamo alla luce (Musi, 2018). Infine, a connotare più compiutamente il potenziale stimolato dall’autobiografia fotografica, si inserisce la parola. A corredo di ogni scatto, infatti, viene espresso un titolo didascalico, che in maniera estremamente sintetica illustra il significato della fotografia scelta. L’individuazione del titolo comporta che il soggetto si interroghi sulle parole da associare a un vissuto emotivo per poi riflettere sul processo metacognitivo che lo ha condotto fino a quelle parole.
4. Conclusioni
I processi di formazione nell’ambito delle risorse umane hanno l’obiettivo di facilitare il cambiamento e di sviluppare flessibilità nel pensiero (Bassetti, 2001). I corsi di formazione più diffusi per fronteggiare i momenti di crisi spaziano dalla gestione dello stress e del conflitto al mantenere la performance a livelli eccellenti, migliorando le competenze comunicative e relazionali e lavorando sulle competenze trasversali. L’iter formativo qui descritto, invece, pur proponendosi di andare incontro a certe emergenze, registrate soprattutto a livello professionale e nella definizione del concetto di cittadinanza, non ha puntato ad una strategia curativa quanto ad una dimensione preventiva, facendo dell’autovalutazione la competenza più significativa della persona in formazione.
Nel modulo formativo proposto, infatti, si accoglie l’invito europeo a sostenere e qualificare la formazione permanente di ogni individuo e a rendere prioritaria la sua messa in pratica, affinché ogni persona possa essere artefice della propria vita ma anche contribuire attivamente allo sviluppo della società nella quale è inserita (Commissione delle Comunità europee, 2000).
La persona è caratterizzata da capacità e competenze, maturate nei contesti formativi formali e informali, che la rendono unica a livello personale e professionale; tale elemento, in questo contributo di ricerca, ci è interessato più da vicino.
Il mondo contemporaneo è diventato così dinamico e imprevedibile che rende necessario stare sempre all’erta e attenti alle evoluzioni del mercato. Inoltre, la minore prevedibilità delle situazioni formative, professionali ed esistenziali che una persona si trova ad affrontare oggi rispetto al passato ha reso meno utile (e socialmente troppo oneroso) accompagnare il soggetto in tutte le transizioni che si trova ad affrontare nel corso della vita. Appare più funzionale dotarlo di una cassetta degli attrezzi che gli permetta di farsi interprete autonomo dei differenti momenti e delle scelte che gli si presentano dinanzi (Batini e Giusti, 2008). L’autonomia può essere letta anche da un altro punto di vista, vale a dire impedire che si crei una relazione di dipendenza con la fonte di aiuto, per pensare ad una persona che si sente motivata a prescindere dall’entourage di riferimento.
Molte agenzie educative, di fatto, si muovono con l’obiettivo di promuovere tali abilità; pertanto, osservare i percorsi diffusi sul territorio si rivela utile per consentire di ragionare sul modo migliore per creare competenze di cittadinanza, utili al singolo ma altrettanto adeguate a gestire l’emergenza della disoccupazione europea. La gestione dell’emergenza occupazionale, con lo sviluppo di nuove competenze, viene rinvigorita dalla possibilità di cambiare idea in base alla consapevolezza di nuove informazioni, che non si possedevano in precedenza; iter formativo, quindi, che tra le altre promuove competenze di flessibilità di pensiero e di adattabilità (Montesarchio, 2019). Il lavoro sulle competenze sarà servito a ogni allievo per mettere a fuoco le proprie risorse professionali, personali e sociali. A queste si aggiungeranno le considerazioni nate da una valutazione delle potenzialità umane in essere e di quelle a cui si vorrebbe far spazio, sapendo che un buon piano di azione dovrà considerare di appagarle, sostenerle e rinvigorire sul piano sia professionale che individuale.
Sarebbe proprio l’insieme di queste acquisizioni a fondare la specifica capacità di orientarsi nei diversi contesti sociali e professionali rendendosi professionisti insostituibili, poiché in grado di occupare posizioni che rendono felice il lavoratore e per le quali egli diviene risorsa ideale. Ponendosi come traguardo lo sviluppo di specifiche competenze personali e relazionali, quindi, questa formazione ha previsto obiettivi a breve, medio e lungo termine, nell’idea che si potesse innescare un processo da ritenersi anche inesorabile. Il concetto di formazione, nel suo significato di dare forma, comporta sempre – di fatto – la previsione di tempi tecnici, che permettono all’interlocutore di assimilare e di comprendere, passaggi preliminari alla presa di coscienza e alla consapevolezza.
Gli allievi sono stati chiamati a editare il proprio curriculum vitae in modo da poter applicare quanto risultato dalle consapevolezze e conoscenze acquisite durante il percorso; ciascuno è stato invitato a creare una nuova video presentazione di sé per intervenire sugli elementi che non sentiva più attuali del video di inizio percorso e come esercizio di preparazione a colloqui di lavoro in presenza e a distanza. Si è pensato di promuovere un utilizzo strategico dei media nella consapevolezza che rappresentino un’importante risorsa non solo a livello educativo e istruttivo ma anche per l’intervento formativo (Buckingham, 2006). Al tempo stesso anche l’autobiografia fotografica è uno strumento al quale rivolgersi nuovamente per intervenire sulle proprie credenze e sulla sensazione di certezza su un qualche argomento, soprattutto se relativo a se stessi. Grazie all’autobiografia fotografica il modulo formativo presentato si completa con la dimensione autentica e fisica del racconto di sé, proprio allo scopo di coinvolgere i soggetti adulti in formazione nel rendere visibile e concreta l’immagine che hanno di loro stessi. Sapranno leggersi e raccontarsi con maggiore cognizione di causa, acquisendo sicurezza anche nelle proprie scelte, e riusciranno a inserirsi nella società e nel mondo del lavoro come persone qualificate, motivate e consapevoli di esserlo. L’autobiografia, così presentata, diventa strumento per promuovere la scoperta o riscoperta delle competenze relative alla riflessività, alla presa di coscienza e alla consapevolezza, fulcro portante del ragionamento condotto. L’ottica orientativa secondo la quale viene letta e presentata l’autobiografia consente di far tesoro di quanto interiorizzato dei propri vissuti per impostare i passi successivi, sapendo di poter attingere a competenze già sperimentate e portate a coscienza, così da assaporare il proprio percorso anche nel suo essere intenzionale e premeditato e nel suo divenire progetto di vita (Messuri, 2018).
Considerata la pienezza con cui si vive una formazione così improntata e il grado di autonomia che permette di raggiungere, per via delle consapevolezze e anche agli strumenti di cui si è fatta conoscenza, l’esperienza complessiva è positiva e contamina l’idea stessa che si ha di formazione, se necessario la riscrive. Identificare e appoggiare le attitudini innate di ciascuno e orientare le attività formative allo scopo di stimolarle e svilupparle consente alla persona di sentirsi realizzata e di vivere la propria vita personale e professionale con pienezza. Dopo un’esperienza di questo genere si è portati a riconsiderare il concetto di formazione e a connotarlo in maniera qualitativamente superiore, così come si profila la possibilità di rivolgersi nuovamente alla formazione con fiducia nel caso si rilevassero aree su cui intervenire.
L’iter formativo descritto, che ha già ampiamente sottolineato l’importanza della consapevolezza di sé come perno di orientamento e inserimento occupazionale, potrebbe ulteriormente essere arricchito dalla metacognizione applicata alla promozione di consapevolezza, per giungere ad un reale apprendimento per padronanza (mastery learning). In particolare, si potrebbe procedere applicando la metacognizione al vissuto promosso dall’azione formativa, così da portare l’esperienza a uno strato di consapevolezza più profondo. Per dare seguito a questa intuizione, verso la fine del percorso d’aula, si potrebbe chiedere a ciascun partecipante di compilare una Thinking routine in tre passaggi (connect-extend-challenge), sulla falsariga di quella ideata dal gruppo di Project Zero della Harvard Graduate School di Boston (Harvard College and Project Zero, 2022). Si tratta di un set di strumenti e protocolli per promuovere il ragionamento e la strategia qui applicata, nello specifico, risponderebbe all’obiettivo di formalizzare la sintesi di un concetto, organizzarlo mentalmente e ricollegarlo al proprio vissuto (la sintesi è fondamentale per supportare questa finalità e asciugare il pensiero fino a renderlo essenziale). In massimo due righe di testo gli studenti dovrebbero essere in grado di indicare: a) in che modo si sono connesse le idee e le informazioni presentate a quelle già in loro possesso e alla loro esperienza; b) quali sono stati i nuovi stimoli o idee che hanno ampliato il loro orizzonte di senso; c) quali domande hanno generato in loro.
Questo affondo, ancora da esplorare e da testare, può rappresentare l’eredità in termini di ricerca che questo contributo intende lasciare alla comunità scientifica.
Bibliografia e Sitografia
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Note
[1] L’impostazione dell’articolo e la progettazione del disegno di ricerca sono frutto di un lavoro condiviso. Nel dettaglio, è possibile attribuire i paragrafi 1 e 4 a Immacolata Messuri e i paragrafi 2 e 3 a Lara Balleri. Gli Autori dichiarano che non sussiste conflitto di interesse.
Le autrici
Lara Balleri è Cultore di materia di Pedagogia generale e sociale presso l’Università Telematica degli Studi IUL, dove opera anche come consulente esterna per progetti di ricerca e Tutor di insegnamento. Si è a lungo occupata di formazione adulti e adolescenti, specie sui temi della comunicazione, dell’orientamento e delle competenze. Formatasi presso la Scuola Holden di Torino in Tecniche della narrazione, si è poi laureata Pedagogista in LM-57.
Immacolata Messuri è Professore associato di Pedagogia generale e sociale presso l’Università Telematica degli Studi IUL. Insegna “Pedagogia generale e sociale” in L-24 e “Pedagogia delle relazioni formative” in L-19. Dal 2020 è Presidente del Corso di Studi in Scienze e tecniche dell’educazione e dei servizi per l’infanzia. Dal 2023 è Delegata del Rettore per l’orientamento, il tutoraggio e il placement.