La politica educativa del governo cubano all'indomani della rivoluzione | The educational policy of the Cuban government in the aftermath of the revolution
Abstract
L’articolo propone un primo quadro su alcune delle azioni e dei risultati del Governo cubano in campo educativo e scolastico all’indomani della vittoria della Rivoluzione castrista del 1959, per cercare di individuare gli elementi di discontinuità con il passato e quelli di lunga durata nel futuro. Se è vero infatti che l’America Latina si è confermata laboratorio di politiche sociali e educative anche per l’affermazione di governi progressisti che sono sorti dal basso, in quest’ottica l’operato dei “barbudos”, i ribelli in divisa color oliva e dalle lunghe barbe crespe, rappresenta senza dubbio un caso di sviluppo e allargamento non solo delle politiche sociali e scolastiche, ma anche della stessa partecipazione popolare ai processi di sviluppo dell’educazione. Cuba, già sessanta anni fa, presentava alcuni aspetti che attualmente sembrano delinearsi nel continente, rivendicati da un risveglio di coscienze progressiste che trova ampie manifestazioni di consenso popolare nonostante il tentativo da parte dei governi reazionari e conservatori di arginarlo. L’articolo, però, vuole esser tutt’altro che esaustivo. Si limita semmai a segnalare alcuni problemi e alcuni snodi che meriterebbero di esser approfonditi.
L’arretratezza del Paese nello specchio della scuola
L’epoca coloniale e repubblicana
Quando Castro e i suoi uomini salirono al potere nel gennaio del 1959 ereditarono secoli di disuguaglianze sociali, arretratezza economica, una burocrazia macchinosa e inefficiente, dilagante corruzione a ogni livello della società e dello Stato ed estrema povertà, che trovavano una riprova incontrovertibile in un livello di analfabetismo che si attestava intorno al 24%.
Nello stesso periodo, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, si registravano situazioni molto simili in alcuni paesi dell’America latina, come Colombia 27% e Messico 35%, mentre il livello medio di analfabetismo nel Sud America era del 40%.[1] Completamente differente era la situazione in Europa e negli Stati Uniti, in cui la percentuale di analfabetismo si fermava intorno al 2%, a eccezione dell’Italia e della Spagna, che raggiungevano rispettivamente l’8,3 e il 12%.[2]
La scuola cubana dell’epoca coloniale contava numeri indecorosi per quanto riguarda le strutture ed era del tutto inadempiente nell’istruzione delle masse. Nei primi tre secoli di occupazione spagnola l’educazione non ebbe uno sviluppo adeguato e risolutivo degli enormi problemi che attanagliavano l’isola. Gli abitanti non avevano la possibilità di frequentare scuole pubbliche e né il Governo spagnolo, né la classe dirigente che amministrava la colonia si adoperarono per la costruzione di scuole e tantomeno strutturarono l’istruzione in un progetto educativo e scolastico coerente.[3]
L’insegnamento a Cuba iniziò nella seconda metà del ‘500 sotto la spinta del settore privato di matrice prevalentemente ecclesiastica. La Chiesa cattolica monopolizzò l’istruzione (seppur poca che fosse), che per quasi due secoli venne impartita ai bambini in età scolare che vivevano sull’isola.[4] La situazione non migliorò molto neanche quando tra il 1840 e il 1863, in un clima di pieno sviluppo economico, il Governo della colonia promulgò alcune leggi in ambito scolastico – mai attuate completamente – che sancirono la gratuità del servizio pubblico per i “bambini veramente poveri”, l’obbligatorietà tra i 6 e i 9 anni di età, la creazione di due scuole per la formazione di docenti e alcune scuole elementari.[5]
Nel periodo repubblicano (1899-1958), sebbene il settore dell’istruzione fosse già in una situazione critica e, tra l’altro, non ebbe mai ampie risorse e finanziamenti, bisogna riconoscere che venne istituito un sistema di scuole primarie pubbliche gratuito e obbligatorio, anche se estremamente inefficiente nella pratica.[6]
Fra gli anni 1899 e 1902, fase transitoria dalla dominazione coloniale spagnola al protettorato statunitense, che di fatto vide gli USA esercitare la loro egemonia politica sull’isola, furono avviate altre riforme dell’istruzione.[7] Ma se andiamo a esaminare il quadro completo offerto dall’istruzione pubblica a livello primario durante la Repubblica, l’inevitabile conclusione è che questa non abbia funzionato affatto, nonostante l’aumento quantitativo misurabile nel numero di scuole e di studenti.[8] Soltanto i dati del 1932 sul numero di iscritti a scuola permettono di comprendere la drammatica situazione in cui verteva l’istruzione cubana: su quasi quattro milioni di persone solo il 10% era iscritto alla scuola e soprattutto la percentuale scendeva al 6,2 nelle zone rurali.[9] Bisogna oltretutto sottolineare che questi dati non tengono conto degli abbandoni che si verificavano nel corso dell’anno scolastico, lasciando immaginare una situazione ancora più complicata.[10]
Non meno difficile era la situazione per le scuole secondarie. Nei primi anni della Repubblica il nuovo Governo dispose la creazione di un istituto secondario in ogni capoluogo di provincia, che si sommavano alle sei scuole già esistenti per un misero totale di 12 istituti secondari.[11]
L’interferenza della politica nelle questioni educative e la contaminazione del sistema scolastico con la corruzione e la cattiva gestione della pubblica amministrazione in generale contribuirono ad aggravare la situazione.
Secondo un rapporto dell’UNESCO del 1958 Cuba era il primo paese latino-americano per bilancio dedicato all’istruzione (in termini di percentuale). Tuttavia, nonostante lo stanziamento di somme piuttosto ingenti, questi fondi non venivano utilizzati per risolvere i problemi educativi, perché sperperati e sottratti illecitamente, soprattutto negli anni ‘40 e ‘50 sotto la dittatura del Generale Fulgencio Batista.[12]
È interessante evidenziare che nei primi 50 anni del XX secolo, all’aumentare della popolazione, che passò da 1.572.797 nel 1899 a circa 4 milioni negli anni ’30 e a 4.778.583 nel 1943[13], l’analfabetismo rimase a livelli altissimi, soprattutto nelle zone rurali dove in molti casi riguardava anche più del 50% della popolazione.[14]
Dagli anni Trenta cominciò un periodo molto convulso per la storia cubana, caratterizzato da golpe militari, ingerenze da parte del Governo statunitense e dalla violenta dittatura del generale Batista.[15] La miseria negli strati poveri della popolazione rappresentava ormai un vero e proprio cancro. I contadini, prima della Rivoluzione, vivevano in condizioni brutali. Il pane, alimento universale per eccellenza, simbolo stesso dell’alimentazione degli esseri umani, veniva consumato soltanto dal 3-4% della popolazione agricola. Gli USA esercitavano un dominio praticamente assoluto su gran parte della ricchezza nazionale dell’isola; il latifondo semi coloniale, rappresentava ancora la forma predominante di proprietà e possesso della terra; l’economia era in uno stato di arretratezza generale, aggravata dalla disoccupazione cronica di massa e dall’assenza di industrie e tecnici preparati.[16]
Mario Sabbatini sostiene che ci fu un progressivo disgregarsi della società cubana a livello delle istituzioni politiche, un divorzio fra classe politica e paese. In una situazione tale non c’era posto per la cultura e l’educazione e i governi subordinati agli Stati Uniti, compreso quello di Batista, continuarono la tradizione precedente delle cattedre di diritto anziché delle cattedre di agronomia, della scarsa diffusione dell’istruzione primaria in un mare di analfabetismo e della quasi inesistente istruzione secondaria e superiore.[17]
Nonostante che nella Costituzione del 5 luglio 1940 venisse stabilità l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione pubblica primaria e secondaria per tutti i minori in età scolastica, tale articolo, come tutti gli altri che trattavano dell’educazione, non fu mai completamente attuato.[18]
In definitiva, il Governo lasciò in eredità ai ribelli di Castro un sistema scolastico completamente disgregato.[19]
La politica educativa all'indomani della rivoluzione
Le prime azioni del governo rivoluzionario
nella prima settimana del 1959 gli uomini di Fidel Castro, tra cui il fratello Raul, Ernesto Che Guevara e Camilo Cienfuegos, entrarono vittoriosi nella capitale, avevano già le idee chiare sulla necessità di dover accrescere l’istruzione nel popolo.
Nella concezione rivoluzionaria del Movimento 26 de Julio (meglio conosciuto come M-26-7), l’organizzazione di massa che dette il via alla rivoluzione armata, l’istruzione veniva a identificarsi come un aspetto della lotta politica: un mezzo per collegarsi alle masse e preparare insieme a esse la futura società cubana.
Durante la guerriglia l’esperienza dei rapporti con i contadini, con i loro mali e la loro denutrizione, influirono sulle idee politiche dei ribelli. Come scrisse Ernesto Guevara: “Nel corso di queste attività cominciò a prendere forma in noi la coscienza che era necessario cambiare radicalmente la vita del popolo. Nacque l’idea della riforma agraria e quella dell’unione col popolo cessò di essere una teoria per diventare una parte ben definita del nostro essere”.[20] Tra gli anni 1953-1958, infatti, nel fuoco della lotta, i ribelli gettarono le basi per la rivoluzione sociale che avrebbero attuato dal 1959. E tra queste veniva preparata la riforma dell’istruzione.[21]
Nel Manifesto politico diffuso nella Sierra Maestra il 12 luglio 1957, nel pieno dei combattimenti, uno dei punti prevedeva “l’immediato inizio di un’intensa campagna contro l’analfabetismo e a favore dell’educazione civica, insegnando i doveri e i diritti che ogni cittadino ha verso la società e verso la patria”.[22]
Nei territori in cui il controllo dei ribelli si estendeva e consolidava, veniva fornita assistenza medica alle popolazioni e ovunque fosse possibile fondavano delle piccole scuole sia per gli stessi guerriglieri analfabeti, sia per gli abitanti delle zone circostanti. Fu proprio durante gli anni di guerriglia, che i ribelli consolidarono gli elementi che avrebbero costituito l’azione del Governo rivoluzionario dopo il 2 gennaio 1959: la riforma integrale della scuola primaria e secondaria; la riforma dell’università; la campagna di alfabetizzazione che sarà avviata ufficialmente nel 1961; l’educazione degli adulti; l’istruzione tecnica, agraria e zootecnica; il contenuto civico e politico dell’educazione.[23]
In questa fase Governo e popolo riscoprirono che il loro eroe nazionale, il poeta Josè Martì, morto nella Guerra d’indipendenza del 1895, era stato anche un educatore e un pedagogista. Il suo esempio ebbe un’influenza assai incisiva nell’orientamento della Rivoluzione cubana. Lo testimoniano non soltanto le parole d’ordine tratte dai suoi scritti, ma anche, e soprattutto, la cura insistente e lo slancio inesauribile che la rivoluzione mise nel condurre la battaglia scolastica, che il poeta aveva iniziato con impegno individuale in epoca di insuperabili difficoltà. “Ser cultos por ser libres” fu la massima prescelta dal nuovo Governo per indicare concretamente che l’azione politica diretta alla conquista della libertà era strettamente legata allo sviluppo della coscienza popolare e quindi dell’educazione.[24]
Dalla vittoria della rivoluzione, trasformazioni radicali avvennero nelle strutture socioeconomiche di Cuba, accompagnate certamente da incertezze ed errori. Il quadro politico non permetteva una programmazione per la quale Cuba non aveva le forze né a livello di esperienza dei dirigenti, né a livello di disponibilità di risorse economiche e quadri tecnici fidati.[25]
Cuba aveva bisogno di una imponente riforma agraria. Era inoltre necessario migliorare la situazione di vita delle masse. Perciò il Governo attuò tutta una serie di provvedimenti a carattere sociale in favore della popolazione.[26]
L’elaborazione della riforma dell’istruzione
Negli anni ‘50 l’analfabetismo nell’isola si attestava intorno al 24% della popolazione con più di 10 anni di età e si contavano circa 567.000 bambini di età compresa fra i 5 e i 13 anni iscritti alle scuole su un totale di 1.118.184: più della metà non era iscritto.[27] Tra i giovani di età compresa fra 13 e i 18 anni solo il 10% riceveva una qualche forma di istruzione. Nelle zone rurali, poi, il 45% della popolazione non era mai andata a scuola e il 90% fra coloro che avevano frequentato non aveva passato il terzo grado (il terzo anno delle scuole elementari).[28]
Nella nuova Costituzione cubana del 7 febbraio 1959, gli articoli dedicati alla cultura e all’istruzione ricalcavano nel complesso quelli della Costituzione del 1940. Venne ribadita l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione elementare e dispensarla divenne obbligatorio per lo Stato; gratuita iniziò a essere anche l’istruzione professionale (che avviava al mondo del lavoro), mentre per il preuniversitario (il percorso di studio dai 14 ai 18 anni che preparava all’università) si prevedevano contributi e borse di studio. Lo Stato avrebbe creato un sistema di scuole per adulti (gratuite anch’esse) e venne sancita la laicità dell’istruzione statale.[29]
L’istruzione pubblica veniva ordinata in forma organica, in modo da creare un’adeguata articolazione e continuità tra tutti i suoi gradi. Il Governo si prese anche il carico di incrementare e sviluppare l’istruzione professionale tenendo conto delle necessità culturali e pratiche della nazione. Importante fu il riferimento, negli stessi articoli, al bilancio dedicato al Ministero dell’educazione, che non avrebbe potuto essere inferiore al bilancio ordinario di nessun altro ministero.
Si trattava ancora di enunciazioni di carattere generale, ma nel corso dell’anno sotto la guida del Ministro dell’istruzione Armando Hart furono varate le leggi n. 559 del 15 settembre 1959 “Sull’orientamento e valutazione degli alunni e sull’organizzazione del corso scolastico” e soprattutto la norma n. 680 di dicembre sulla “Riforma integrale dell’insegnamento”.[30] Nell’incipit di quest’ultima venivano esposte alcune osservazioni di principio, che è interessante riprendere: “L’azione politica applicata alla trasformazione dell’economia e dell’educazione è la sola che può portare a termine i propositi della rivoluzione cubana, […] il fondamento della democrazia è nella giusta distribuzione della ricchezza e nella completa formazione educativa di tutti i cittadini”.[31] Si capisce da queste poche righe tutta l’importanza che il nuovo Governo attribuiva alla scuola e all’educazione del popolo, per dare ai cubani la possibilità di riscattare il loro destino.
Il progetto della riforma si mosse verso due direttive: una rivolta alla ricostruzione del sistema scolastico, l’altra a rettificare situazioni immediate, come per esempio la mancanza di insegnanti e di aule.[32] La legge 680 stabilì per la prima volta il coordinamento fra i vari livelli e rami del sistema scolastico, definiti nello schema P-6-3-3-U costituito dal livello primario, secondario e universitario (P: Pre-elementare; 6 anni o gradi di elementare; 3 di secondaria di base; 3 di secondaria superiore; U: Universitaria).[33]
Venivano poi tracciati i principi e gli ideali del sistema educativo e con essi l’immagine di un uomo libero, completamente formato, padrone di sé; un uomo in continuo progresso nell’ambito di una società dinamica, un uomo che sentisse la dignità e la responsabilità di essere cittadino di un paese rivoluzionario[34]: “El Hombre Nuevo” con chiaro riferimento all’uomo onnilaterale di Marx.
Il Governo, in accordo con il Ministero dell’istruzione, sottolineando il bisogno di coordinare gli studi superiori con le esigenze del Paese, fece cadere l’accento sulla necessità, letteralmente vitale, di sviluppare il settore industriale. Ciò significava non soltanto il potenziamento dei mezzi di produzione, ma soprattutto puntare sulle risorse umane, rappresentate dai tecnici specializzati, praticamente inesistenti nell’isola.
Il problema della tecnologia era dunque il problema stesso di un paese come Cuba. Quella cubana era una società contadina, per lo più rurale, divisa fortemente da discriminazioni raziali e di reddito. In questa situazione di arretratezza e sottosviluppo occorreva dare un impulso decisivo all’industrializzazione e alla preparazione di nuovi tecnici adeguatamente preparati.[35]
Nonostante il Governo puntasse tantissimo sulla preparazione di giovani tecnici e quindi sull’incentivare le materie scientifiche, non smetteva di richiedere la formazione della nuova coscienza nazionale e quella latino-americana, la realizzazione dell’ideale democratico e la comprensione internazionale. Gli obiettivi dell’istruzione secondaria divennero la formazione di una base culturale generale e di un’alta coscienza morale e civile.[36]
L’organizzazione dei contenuti e dei metodi pedagogici fu indirizzata verso una didattica attiva, che insisteva sulla libertà e spontaneità dell’alunno ispirata alla pedagogia marxista e martiana. L’Apostolo dell’indipendenza, giudicando metodi, teorie e sistemi del passato regime, aveva scritto: “questo sistema deve essere capovolto dalle radici”[37]. E le radici erano la discriminazione di classe, i privilegi culturali consentiti alla borghesia, la divisione tra lavoro manuale e attività intellettuali.
L’obiettivo divenne decentrare l’amministrazione chiamando tutti gli organismi locali a un’azione di stimolo e di controllo da esercitare in collaborazione con le organizzazioni cittadine e popolari, in modo da non perpetuare discriminazioni e orientarsi, invece, verso la collaborazione, il lavoro collettivo e la discussione democratica.
Da queste direttive di base, l’elaborazione pedagogica acquistò il suo carattere fondamentale. Su di essa, oltre all’esempio della scuola sovietica, influirono alcuni elementi di cui non bisogna sottovalutare l’importanza. Prima di tutto una realtà nazionale che induceva a respingere e a superare in blocco le politiche di sopraffazione e di sfruttamento figlie dei secoli precedenti. In secondo luogo, agirono in maniera determinante le idee di Martì: accostamento ai problemi reali della vita nazionale, agli interessi del lavoro, della produzione e dell’economia in generale.[38]
Perciò l’elaborazione della dottrina dell’educazione e la strutturazione della scuola procedettero secondo la linea che José Martì avrebbe voluto vedere realizzata: insegnamento laico, liberato dalle retoriche di europeismo, inserito organicamente nell’ambiente delle singole realtà territoriali (quindi decentrato), ispirato a criteri di utilità, di scientificità e gestione democratica della vita interna alla scuola.[39] Infatti, con la legge n. 680 del dicembre 1959 venne annunciata la creazione delle cooperative scolastiche, che agivano fin dalle scuole elementari. Attraverso di esse gli studenti erano chiamati a gestire la vita quotidiana del complesso in cui studiavano, coadiuvati dagli insegnanti.[40]
L’amministrazione centrale e periferica dell’educazione plasmò le sue strutture secondo la visione che considerava la scuola come il centro della società. La scuola era aperta al popolo non solo educando e istruendo i giovani, ma rispondendo anche alle necessità e ai suggerimenti che arrivavano dalla collaborazione diretta con l’intera comunità.
Con la funzione di tramite tra quest’ultima e la scuola nacquero i Consigli municipali dell’educazione composti da operai, contadini, organizzazioni e insegnanti, per trasformare il problema della scuola in un problema di tutta la comunità.[41] La struttura amministrativa venne snellita con il trasferimento di molti suoi poteri a organismi collegiali di formazione popolare. Inoltre, va sottolineato che la scuola privata laica ed ecclesiastica, fu abolita quasi subito con la legge del 6 giugno 1961.[42]
Nelle leggi del ‘59 venne riformato il sistema di formazione e reclutamento dei maestri e professori. Ma non essendoci possibilità di rapidi miglioramenti, perché assai pochi erano gli insegnanti ben preparati che potessero servire da guida agli altri, il Ministero dell’istruzione cercò di superare la situazione mobilitando tutti i docenti, a cominciare da quelli disoccupati. Inoltre, gli studenti universitari furono impiegati come professori di scuole secondarie, gli studenti di pedagogia come maestri elementari e vennero formati nuovi insegnanti in corsi a breve termine. Insomma, tutti coloro che sapevano qualcosa più degli altri dovevano insegnare.[43]
Nel 1970, a distanza di circa 10 anni dai primi provvedimenti, nel discorso dell’anniversario del 26 luglio Fidel Castro annunciò che “nonostante il numero di lavoratori impiegati nell’istruzione pubblica […] e nonostante le spese per l’educazione, dobbiamo sottolineare che questi servizi sono ancora lontani dal poter essere considerati soddisfacenti, sia quantitativamente che qualitativamente”.[44] Queste parole, pronunciate dopo un decennio dall’inizio della riforma, sono una conferma di quanto critico fosse il problema insegnanti.
Per le zone rurali, le più carenti di strutture scolastiche, venne delineato un piano di pronto intervento, con la costruzione di città scolastiche, la conversione delle caserme in scuole e l’organizzazione di corsi rapidi e semplici per preparare operai qualificati e specializzati.[45]
Il Governo cubano era ben consapevole che aumentare il numero delle scuole, e con esso quello degli alunni iscritti, costituiva uno dei problemi più urgenti da risolvere per dare inizio a quell’allargamento effettivo dell’istruzione promesso al popolo durante il processo di liberazione. Le ville dei ricchi scappati all’estero e le caserme vennero trasformate in scuole. Ogni sorta di edificio che poteva essere reso disponibile veniva adibito ad aula didattica. L’esempio più clamoroso fu la Moncada a Santiago de Cuba, caserma simbolo della dittatura di Batista, che tutt’oggi ospita centinaia di studenti.[46]
Dal 1958 le 7.682 scuole dell’isola quasi raddoppiarono nel giro di due soli anni, arrivando a più di 12.000. Nello stesso periodo anche il numero degli insegnanti registrò un incremento del tutto simile, passando da 23.648 a circa 40.000. Lo sviluppo di entrambe queste variabili riguardò soprattutto il settore rurale. Cominciava così un movimento ascensionale che si opponeva a tutta la precedente tradizione di discriminazione verso le zone agricole. Ma il successo più vistoso venne ottenuto nel numero di iscritti: in un solo anno, dal 1958-’59 al 1959-’60, aumentò di più del doppio nel settore rurale e l’istruzione tecnica e professionale di livello medio in due anni vide triplicare gli studenti.[47]
Ma ci sono anche cifre che mostrano alcune difficoltà incontrate dal Governo rivoluzionario durante i primi anni. Tra queste emerge la persistenza della riduzione vertiginosa degli iscritti fra il primo e il sesto grado (le scuole primarie), ma anche in quelli successivi: segno di un’alta percentuale di bocciature e soprattutto di abbandoni. Le battaglie per il miglioramento di queste criticità e per innalzare il livello qualitativo dell’istruzione furono combattute negli anni, esauritasi l’estrema urgenza di rendere effettivamente universale l’istruzione tramite l’incremento quantitativo di edifici scolastici e docenti.[48]
Dopo una prima fase (1959-1963) in cui l’obiettivo era da una parte la rieducazione e trasformazione della maggior parte dei cubani mediante l’istruzione e, dall’altra, la riforma di tutto il sistema scolastico, il Ministero cubano dell’istruzione proseguì più speditamente nella creazione di nuove scuole tecniche, nuovi corsi universitari e nelle iniziative varie per la formazione di personale operaio.[49] Questo fu possibile grazie all’aiuto dell’Unione Sovietica e di altri paesi socialisti e con sforzi veramente ammirevoli da parte dei cubani.[50]
La campagna di alfabetizzazione: un passo fondamentale
Contemporaneamente all’attuazione pratica di tutti i provvedimenti contenuti nelle leggi sull’istruzione, nel 1961 venne promossa dal governo rivoluzionario la Campagna di alfabetizzazione chiamata ¡Yo sì puedo! (Io sì posso!), che trasformò Cuba in una grande scuola aperta a tutti perché, come diceva José Martí:[51] “el mejor modo de defender nuestros derechos, es conocerlos bien; así se tiene fe y fuerza: toda nación será infeliz en tanto que no eduque a todos sus hijos. Un pueblo de hombres educados será siempre un pueblo de hombres libres. La educación es el único medio de salvarse de la esclavitud”.[52]
La Campagna fu probabilmente il più importante passo del processo di universalizzazione dell’istruzione, che mirava alla gratuità dell’educazione e all’accesso alla formazione per tutti i cittadini. Un percorso già avviato negli anni della lotta guerrigliera con grandi sforzi, per eliminare l’analfabetismo, in modo da garantire l’estensione dei servizi educativi.[53]
Come già scritto in precedenza, la lotta all’alfabetizzazione fu una costante del movimento rivoluzionario cubano fin dalle origini. La “piccola” isola si posizionò sotto l’attenzione mondiale, considerata ora dai paesi a sviluppo meno dinamico come uno dei più grandi successi pacifici alla lotta contro l’imperialismo. Il 26 settembre 1960 Fidel legge all’Assemblea generale all’ONU la futura liberazione di Cuba dalla piaga dell’analfabetismo.[54]
Ma bisogna nuovamente tenere presente l’insieme dei problemi politici e sociali che dovettero affrontare i cubani se vogliamo comprendere appieno l’entusiasmo suscitato in tutto il popolo e la partecipazione generale che vide anche l’intervento di tutte le organizzazioni di massa al richiamo dello slogan: “Se sai insegna, se non sai impara”, che coinvolse praticamente ogni singolo cubano.[55]
Il 22 dicembre 1961 il Governo dichiarò Cuba “primo territorio d’America libero dall’analfabetismo”. Il documento intitolato Rapporto al popolo di Cuba sul risultato della campagna nazionale di alfabetizzazione[56] dichiarava che nell’anno appena concluso erano stati alfabetizzati 707.212 adulti e che l’analfabetismo residuo era del 3,9% considerando 25.000 haitiani di lingua non spagnola, minorati fisici e mentali, ammalati o persone molto anziane.
Fattore decisivo del successo fu la forza e la dedizione degli alfabetizzatori raggruppati in brigate, nella maggior parte dei casi semplici cittadini e spesso addirittura ragazzi dai 12 ai 17 anni. Le zone più desolate e impervie del paese furono percorse in ogni direzione dalle brigate. Prima del 1959 la metà dei bambini in età infantile non riceveva alcuna istruzione, mentre nel 1961 tutti venivano istruiti, sicché le scuole primarie ospitavano quasi un milione e mezzo di allievi contro i 720.000 del 1958 e gli insegnanti elementari passarono da soli 20.000 prima del 1958 a quasi 50.000.[57]
Questo trionfo unico nel mondo venne riconosciuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) che fece porre una targa all’ingresso del Museo dell’Alfabetizzazione a l’Avana (1964) con la dicitura: “Da tutto il mondo verranno a chiedervi come avete fatto”.[58]
Tuttavia, per un’alfabetizzazione veramente effettiva e permanente, occorre portare l’alfabetizzato al livello equivalente di un corso elementare. Il problema fu affrontato creando organismi responsabili e pianificando ulteriormente l’azione: dopo l’alfabeto, la conquista della livello elementare (battaglia per il sesto grado), poi quello media e così via.[59]
Nel 1964 più di ottocentomila persone parteciparono alla campagna per il compimento del corso elementare. Di notevole importanza furono i corsi per il minimo tecnico, rivolti alla formazione di operai qualificati e tecnici necessari a elevare la qualità della produzione, la produttività e la riduzione dei costi nell’industria. Infine, il Governo creò la superación de la mujer: appositi corsi e strutture per dare alle donne cubane quella preparazione fondamentale a emanciparle dal destino di casalinghe: fino a quel momento la loro unica professione. Si aggiunga che, da un punto di vista meramente pratico in termini di manodopera, lo sviluppo economico non poteva fare a meno della presenza femminile.[60]
Il Governo cubano attribuì il successo dell’emancipazione dall’analfabetismo e dello sviluppo in ogni fronte alla “linea di massa”, ovvero la linea di azione che affidava al popolo il ruolo principale nel raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione. Nel campo della scuola e dell’educazione, la linea di massa venne soprattutto affidata agli Organismi popolari dell’educazione, che garantivano l’integrazione dell’educazione alla vita del paese, creando così una stretta unione fra istruzione e necessità sociali e un fattore decisivo sul piano dell’educazione politica e sociale delle masse. Essi erano una garanzia politica, uno strumento di gestione del potere da parte delle classi operaie e contadine.[61]
La fiducia nel popolo permise di gettare le basi dell’idea dell’istruzione come diritto e dovere di tutti.[62] Il Governo cubano affidava la sua sopravvivenza anche alla creazione di una nuova mentalità, una nuova coscienza, un uomo nuovo, formato non attraverso lezioni teoriche e prediche morali, ma con il lavoro sociale, la collaborazione, la consapevolezza e l’entusiasmo di costruire una nuova società di cui faceva parte.[63]
Istruzione come diritto effettivo di tutti
La Rivoluzione del 1959 fu uno degli avvenimenti più significativi della storia centro e sudamericana. L’impresa dei barbudos fu di eccezionale portata per tutti quei cambiamenti politici, economici e sociali che vennero messi in atto nell’isola caraibica. La leadership cubana, infatti, consolidò a tal punto la rivoluzione che riuscì a trasformare radicalmente la società. Tradizioni, mentalità e abitudini furono sottoposte a un’opera di aggiustamento, tutta indirizzata alla creazione di un nuovo Stato di tipo socialista e alla formazione dell’uomo nuovo. Per quest’opera di riconfigurazione della società il governo puntò su tre fattori strategici. Venne messa in moto una macchina della propaganda, pervasiva e dai toni nazionalistici, tipica di uno stato comunista, che si impose nella quotidianità della gente.[64] Fin da subito vennero forniti servizi sociali di qualità alla popolazione, come agevolazioni fiscali, sanità e istruzione gratuite. Infine, proprio la scuola giocò un ruolo di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi del Governo rivoluzionario. Tutto ciò garantì un appoggio incondizionato da parte di quasi tutta la popolazione cubana, che per la prima volta in 300 anni vedeva trasformare in realtà le speranze per un’esistenza dignitosa.
Alla base dello slancio educativo della Cuba rivoluzionaria c’era la percezione della funzione liberatrice del sapere. Non a caso lo slogan più ricorrente utilizzato nei murales e nei cartelloni di propaganda era la massima di Martì “essere istruiti per essere liberi”. La riorganizzazione di tutto il sistema scolastico cubano e la grandiosa campagna per l’istruzione popolare avevano come scopo principale la formazione di persone capaci nella vita quotidiana e lavorativa di Cuba, preparate al lavoro tecnico e alle necessità di sviluppo di un paese rimasto indietro. Ma gli enormi sforzi e investimenti nel settore dell’educazione si possono leggere anche come il logico percorso di formazione di una coscienza nazionale tipica di uno Stato accentrato.
L’esperienza cubana conferma quanto l’istruzione, e più in generale l’educazione, siano strettamente collegate ai fenomeni economici e politici della società stessa. Le soluzioni pedagogiche adottate a Cuba influirono su tutta la società, compreso il lavoro e la partecipazione politica. A loro volta le scelte pedagogiche dipesero esclusivamente da quelle politiche dettate dal governo e determinate in gran parte dalle necessità economiche (vedi lo sviluppo delle scuole tecniche e dello studio delle scienze), che rappresentarono esse stesse il condizionamento principale per la costruzione di un nuovo Stato socialista.
Senza dubbio la scuola cubana ebbe anche il compito di mantenere nel corso degli anni la società in uno stato continuo di tensione politica e ideologica, in un clima di permanente rivoluzione culturale e allineamento al potere conquistato con le armi. Una necessità rafforzata negli ultimi due decenni del XX secolo, per far fronte al dramma dell’impossibilità di sviluppare le aspirazioni tipiche di uno Stato isolato economicamente.
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Francesco Bellacci è borsista di ricerca presso il Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia dell’Università di Firenze. Si occupa di memorie relative all’infanzia e all’educazione nell’Italia Repubblicana, conservate nell’archivio-web “Memorie d’infanzia”. Si interessa di memorialistica partigiana e raccoglie testimonianze orali di antifascisti toscani. Ha lavorato al progetto di ricerca “Coop e la scuola” sulle memorie di Eucazione al consumo consapevole.
[1] Cfr. UNESCO, Expansion educacional y estratificacion social en America latina (1960-1970), 1977.
[2] ISTAT, Serie storiche, Tavola 7.1 - Popolazione residente in età da 6 anni in poi per livello di istruzione e ripartizione geografica ai censimenti - Censimenti 1951-2011, url: shorturl.at/pxNW3. World on Data, Literacy (by Max Roser and Esteban Ortiz-Ospina), https://ourworldindata.org/literacy.
[3] Ecured, Historia de la educacion en Cuba, url: shorturl.at/ILPQ3
[4] Ibidem.
[5] Cfr. Organización de Estados Iberoamericanos (OEI) para la educacion, la ciencia y la cultura, url: https://www.oei.es/historico/quipu/cuba/index.html; Enciclopedia Treccani, Rivoluzione cubana, shorturl.at/gEMWX.
[6] Cfr. L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, Mazzotta, Milano 1973.
[7] Cfr. Ecured, Historia de la educacion en Cuba, cit.
[8] Cfr. R. A. De la Torre Historia de la Enseñana en Cuba, Proyecto Educativo de la Escuela de Hoy, Ediciones Universal, 2010, url: shorturl.at/eIMQU.
[9] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 33.
[10] Ivi, p. 31.
[11] Ecured, Historia de la educacion en Cuba, cit.
[12] Ibidem.
[13] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 32.
[14] Ivi. p. 31.
[15] Cfr. T. Hugh, Storia di Cuba, 1762-1970, Einaudi, Torino 1973.
[16] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., pp. 17-21.
[17] Ivi, 27-28.
[18] Ivi, pp. 28-29.
[19] Ivi, pp. 45-46.
[20] T. Hugh, Storia di Cuba, 1762-1970, cit., p. 716.
[21] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 62.
[22] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 63.
[23] Ivi, p. 63.
[24] D. Bertoni Jovine, Ser culto para ser libre, in “Riforma della scuola”, n. 7-8, 1965.
[25] Ivi, pp. 64-65.
[26] Ibidem.
[27] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 42; L. Garcia-Puente Rodriguez, La educacion en Cuba (Estudio comparativo sobre el estado de la educacion en Cuba durante el periodo del presidente Batista y el periodo revolucionario de Fidel Castro), in “Ensayos”, n. 2, 1988.
[28] Ibidem.
[29] M. A. Manacorda, Il marxismo e l’educazione. Testi e documenti: 1843-1966, Armando Editore, Roma 1966, pp. 274-275.
[30] Ivi, pp. 269-270.
[31] Ivi, pp. 274-275.
[32] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 68.
[33] Ibidem.
[34] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 68.
[35] Ivi, pp. 95-96.
[36] Cfr. L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit.
[37] J. Martì in B. Jovine, Ser culto para ser libre, in “Riforma della scuola”, n. 7-8, 1965.
[38] Cfr. L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit.; B. Jovine, Ser culto para ser libre, in “Riforma della scuola”, cit.
[39] Ibidem.
[40] Cfr. L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit.
[41] Ivi, pp. 119-121.
[42] Ivi, pp. 68-72.
[43] Ivi, p. 72.
[44] Ivi, pp. 166-171.
[45] Ibidem.
[46] Ivi, p. 72.
[47] Ibidem.
[48] Ivi, pp. 72/78
[49] Ivi, p. 97.
[50] Ivi, p. 98.
[51] C. Tadiello, Mondi giovanili e “trasmissione generazionale dei valori” a Cuba, Tesi di dottorato, Università di Verona, 2015, p. 22.
[52] J. Martí, Obras completas. Volumen 19, Centro de Estudios Martianos, La Habana 2001, pp. 375-376.
“Il modo migliore per difendere i nostri diritti, è quello di conoscerli bene, così si ha fede e forza: tutta la nazione sarà infelice fintanto che non educa i suoi figli. Un popolo di uomini educati sarà sempre una nazione di uomini liberi. L’educazione è l’unico mezzo di salvezza dalla schiavitù. Tanto è ripugnante un popolo che è schiavo di uomini provenienti da un altro Paese quanto uno schiavo di uomini dello stesso”.
[53] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., p. 78.
[54] Ibidem.
[55] Ivi, p. 80
[56] Ivi, p. 80.
[57] Cfr. T. Hugh, Storia di Cuba, 1762-1970, cit.
[58] Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, Essere colti è l’unico modo per essere liberi, http://www.italia-cuba.it/cuba/schedacuba/istruzio.htm.
[59] D. Bertoni Jovine, Ser culto para ser libre, in “Riforma della scuola”, n. 7-8, 1965.
[60] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., pp. 82-86.
[61] Ivi, pp. 119-121.
[62] Cfr. J. Llanusa, Estendere la linea di massa, in “Riforma della scuola”, n. 3, 1969.
[63] L. Aguzzi, Educazione e società a Cuba, cit., pp. 93-94.
[64] Ibidem.