Editoriale
Il numero 7 di “Educazione Aperta” esce dopo i mesi più strani e drammatici che molti di noi ricordano di aver vissuto. La diffusione su scala mondiale dell’epidemia da Coronavirus e le misure di chiusura che sono seguite hanno alterato profondamente il ritmo e le modalità della nostra vita sociale. Il mondo dell’educazione è stato massicciamente travolto da questi cambiamenti. Sulla testa della scuola e dell’università si stanno confrontando opposte visioni della realtà: alcune volte ad approfittare di questa situazione nella direzione di una ulteriore aziendalizzazione, mercificazione e impoverimento dell’istruzione; altre che, con voci molteplici, invitano a riflettere sulla circolarità della relazione educativa, il carattere situato dei saperi, la complessità dei processi di autovalutazione e valutazione collettiva, l’importanza dei contesti educativi, il ruolo della corporeità, dell’emotività e della connessione degli esseri umani con la natura. D’altra parte, l’educazione non formale, che pure ha continuato a garantire servizi essenziali alla vita, è stata poco presente nel dibattito pubblico, il che ci induce a chiederci seriamente quale rilevanza sociale assegniamo alla cura nella nostra società, al di là del puro mantenimento dell’esistenza biologica. Con l’inizio dell’estate sembra che questi interrogativi si siano spenti, ma la metamorfosi è in incubazione e dobbiamo saperla leggere e orientare nella direzione di una maggiore giustizia sociale ed ecologica. Che il conflitto sia vivace e intenso peraltro lo dimostrano le straordinarie proteste che da settimane stanno scuotendo le vie degli Stati Uniti e, nel nostro paese, le manifestazioni dei migranti irregolari impiegati come braccianti nell’agricoltura. Nonostante il silenzio che gli è stato riservato dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, infatti, il movimento dei braccianti si sta imponendo all’attenzione pubblica per la capacità di articolare lotte diverse: lotte antirazziste, antimafia, per il riconoscimento dei migranti irregolari, per la dignità del lavoro, per la sovranità e l’autonomia alimentare dei popoli, per la difesa della vita contro il monopolio delle corporation del cibo.
Speriamo quindi che questo numero di “Educazione Aperta” possa costituire un utile strumento di riflessione, confronto e discussione, non solo per ciò che riguarda gli articoli specificatamente dedicati alle questioni sollevate dalla pandemia, contenuti soprattutto nella sezione Blog, ma anche per quanto riguarda i contributi che ci conducono verso temi, luoghi ed esperienze apparentemente più distanti. Se il sociologo peruviano Anibal Quijano, infatti, rimproverava al mondo accademico sudamericano di guardarsi nello specchio deformato delle teorie europee e statunitensi, dobbiamo altresì saper riconoscere la miriade di alleanze inedite che si possono generare a partire da posizioni non identificate con il potere. Per questo crediamo che gli articoli contenuti nel Primopiano, incentrato sulle contraddizioni e le possibilità che stanno attraversando l’educazione in America Latina, potranno motivare riflessioni, proposte e azioni valide anche per il nostro contesto. Ed è a uno straordinario pensatore, scrittore e attivista latinoamericano, che abbiamo voluto fare omaggio nella citazione che compare come di consueto nella copertina: Luis Sepúlveda, che ci ha lasciato il 16 aprile scorso proprio a causa della Covid19. Soprattutto, in un momento così duro per l’America Latina e per il mondo, desideravamo rilanciare la sua ostinata fiducia nel cambiamento, nel sogno e nell’utopia, una fiducia radicata in un profondo impegno personale e collettivo.